Giovedì 19 novembre si è concluso il processo ad ventuno attivisti, accusati per le manifestazioni e i presidi tenutisi a Livorno dal 30 novembre al 2 dicembre 2012. Il processo si è concluso con condanne per complessivi 34 anni di carcere; il tribunale ha deciso così di ignorare la puntuale ricostruzione dei fatti operata dagli avvocati della difesa, che hanno smantellato le cosiddette prove che il pubblico monistero Marrara, su imbeccate della Digos, ha portato in aula.
Quasi due anni di dibattimento si concludono così, accettando in sostanza la tesi preordinata dell’”assalto alla Prefettura”. In realtà in quei tre giorni Livorno ha visto le sedicenti forze dell’ordine scatenate a difesa di Pierluigi Bersani e del Partito Democratico, a difesa di un blocco di potere che ha ridotto Livorno in uno stato comatoso, un blocco di potere che ha causato quei danni che esplodono ancora in questi giorni con la crisi dell’AAMPS, la municipalizzata per la raccolta dei rifiuti.
Durante il processo gli avvocati della difesa hanno smantellato il teorema della tre giorni preordinata per arrivare all’“assalto” alla profettura, smentita a parole dallo stesso pubblico ministero, ma ribadita poi nelle richieste delle pene, sensibilmente aggravate per gli imputati del 2 dicembre. La difesa ha altresì risposto alle contestazioni nei confronti dei singoli imputati, rilevando le irregolarità dei riconoscimenti, e denunciando il modo violento e caotico con cui è stato gestito l’ordine pubblico in quei giorni.
Nonostante questo, il collegio giudicante si è adeguato alle richieste del pubblico ministero, allo stesso modo in cui il pubblico ministero si è adeguato in modo acritico alla ricostruzione della Digos, così come, in quei giorni, polizia e carabinieri erano stati trasformati in polizia privata del Partito Democratico e di Pierluigi Bersani.
I mezzi di comunicazione si sono prestati alle veline della Questura e del Pubblico Ministero, continuando a parlare di processo per l’assalto alla Prefettura, quando le condanne per il 2 dicembre sono soprattutto per reati che niente hanno a che vedere con l’assalto, condanne per oltraggio, per manifestazione non autorizzata, aggravate dall’ipotesi non dimostrata di un assalto, che sembra sia consistito solo nel lancio di alcuni oggetti, che, stando alle richieste di risarcimento danni, avrebbe provocato danni per poche centinaia di euro, senza danni alle persone. La Livorno che non si rassegna, la Livorno che lotta sa che causa degli scontri è stata, prima, la volontà dei gestori dell’ordine pubblico di impedire la minima contestazione a Bersani, anche quelle, estremamente pacifiche, tollerate due settimane prima nei confronti di Renzi; poi di impedire che il giorno dopo, nel centro cittadino, venissero denunciate le violenze della polizia: non di processo per la prefettura si tratta quindi, ma di processo per Bersani e le violenze che lo hanno accompagnato. Il processo è stato una rappresaglia che ha colpito i vari settori di movimento; anche un compagno del Collettivo Anarchico Libertario, Maurizio, è stato condannato. E’ la seconda condanna che colpisce un compagno della nostra area, dopo quella di Dario, della Federazione Anarchica Livornese, mentre è in corso un altro processo che vede imputati alcuni compagni del Collettivo e della Federazione.
Si tratta di una rappresaglia, e chi non intende piegare la testa lo ha capito, ha continuato a sostenere gli imputati e il Comitato di solidarietà “Livorno non si piega”.
Il processo e la condanna non ci ha messo a tacere, continueremo il nostro impegno per la libertà di espressione, per la libertà di manifestare e di lottare, per il riconoscimento dell’innocenza per tutti gli imputati.
Tiziano Antonelli