Con gli oppressi di tutte le guerre. Contro ogni padrone e governo.

U.S.A., Unione Europea e affini sono ridicoli nell’accorgersi, oggi, che Putin è un autocrate pericoloso. Ridicoli perché fino a questo momento hanno stretto migliaia di accordi commerciali con il governo russo, incuranti allora della questione dei diritti umani, politici e sindacali violati ogni giorno. Ridicoli perché dal dopoguerra fino ad oggi hanno fatto esattamente le stesse cose che oggi rimproverano all’autocrate, anche nella stessa Europa. D’altronde, i governi nella storia sono sempre stati menzogneri: è nella loro natura. Così come è nella loro natura fare e/o incentivare le guerre, come questa, tra gruppi di potere utilizzando le popolazioni come carne da macello.

Con il “pericoloso autocrate” infatti, negli anni passati, i vari governi europei e gli stessi Stati Uniti d’America hanno stipulato centinaia di accordi commerciali. Facciamo solo pochi esempi tra i tanti. Lo stato italiano, ad esempio, ha recentissimamente firmato ben tredici accordi commerciali che hanno visto coinvolti con diverse aziende private e pubbliche russe il Ministero dell’Ambiente, l’Enel, Barilla, Pietro Fiorentini, l’azienda italiana di biotecnologie Bio.On, il gruppo Adler, il gruppo Ferretti, Mikro Kapital, la Fornovo, il gruppo Techint, la Coparm, la Confindustria e la Pirelli.[1] Giusto per fare un altro esempio, lo stato francese, nel pieno delle prime sanzioni avvenute dopo l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, si incontrava in una due giorni con lo stato russo in cui si ribadiva la necessità della cooperazione e si chiudevano ben 50 accordi commerciali, tra cui la partecipazione della Total – con una quota del 10% – al prossimo impianto di estrazione e liquefazione del gas artico della Novatek.[2]

Potremmo andare avanti a lungo ma ci fermiamo qui: trattare con Putin, appoggiarlo di fatto, non era un problema per nessuno, a quanto pare. Basta dare un’occhiata al fatto che nel 2021 la Russia è stata il quinto partner per le esportazioni di beni dell’Unione Europea (4,1%) e il terzo partner per le importazioni di beni (7,5%), in ciò con la Germania al primo posto. Certo, si è visto un calo del volume di questo import/export, è però stato esclusivamente per le conseguenze della pandemia, tanto che nel dicembre 2021 il volume di scambi era piena ripresa. A livello mondiale, inoltre, se la Cina è il singolo paese con il maggiore interscambio commerciale con la Russia, con 2.268 miliardi di euro – 18,0% – l’Unione Europea, con 1 933 miliardi di euro – 15,4% – gli Stati Uniti con 1 253 miliardi di euro – 10,0% – e il Giappone con 561 miliardi di euro – 4,5% – sono rispettivamente al secondo, terzo e quarto posto e, tutti insieme, fanno il 29,9% del tutto. Se poi aggiungiamo a questo 29,9% i paesi non UE come la Svizzera o stati come il Canada, l’Australia, ecc. risulta ovvio che l’“Occidente”, prima dell’invasione dell’Ucraina, non si faceva per niente problemi ad avere buoni rapporti con la Russia dell’“autocrate”.

Cosa è accaduto allora? L’invasione russa dell’Ucraina è stata un’improvvisa coltellata alle spalle agli amichetti occidentali che, di conseguenza, si sentono traditi e hanno reagito come vediamo in questi giorni? Forse no. In effetti, come ricorda David Graeber, le relazioni economiche – e quelle sociali in generale – sono incomprensibili se non si considera come fondamentali in esse la “violenza e la minaccia della violenza”. Gli Stati Uniti, ad esempio, si sa che hanno il loro debito pubblico posseduto da molti paesi esplicitamente dichiarati da loro stessi come avversari politici; gli USA, però, possiedono 5.500 testate nucleari pronte all’utilizzo, oltre al maggior esercito convenzionale del mondo. L’economia politica teorica non è fatta per tenere conto di ciò ma, di fatto, la situazione è simile a quella di un mafioso che ti chiede un prestito – prova un po’ a riscuotere il credito…

La Russia, in questi anni, sotto la dirigenza Putin, ha notevolmente risalito la china dall’abisso in cui era caduta sotto la tragicomica esperienza della gestione Eltsin, l’alcolista al soldo dell’Occidente. In tutto questo gioco di relazioni economiche internazionali, Putin, ad un certo punto, ha fatto giocare le sue testate nucleari che non sono certo poche – 4.500… – ed il suo notevole esercito convenzionale. La minaccia del loro utilizzo fatta in questi giorni può essere allora letta in quest’ottica.[3] La Russia, insomma, in questi anni, ha cercato sempre più di far pesare la sua rinnovata potenza militare, che è molto migliorata in questi ultimi anni a prescindere dall’armamento nucleare:[4] in altri termini, cerca di imitare gli Stati Uniti che, come si sa, in questi ultimi decenni hanno imposto i loro obiettivi geopolitici molto spesso tramite l’azione militare.

Questo è il peccato capitale del vecchio amico – per quanto si sia “amici” nelle relazioni internazionali – che soprattutto gli Stati Uniti ma anche la NATO in generale, specificamente i paesi ex URSS, cercano di ricondurre a più miti pretese. In termini più concreti, su un determinato territorio ci può essere solo un boss che appoggia le sue strategie economiche e politiche con il proprio apparato militare. Ora, dalla caduta dell’ex impero “sovietico” ad oggi, i paesi ex Patto di Varsavia sono considerati da parte degli Stati Uniti e dalla Unione Europea come “giardino di casa” – basta osservare una doppia cartina della estensione della NATO dal 1991 ad oggi per rendersene conto anche visivamente.

L’Ucraina, pur non avendo mai aderito né all’Unione Europea né tantomeno alla NATO, era considerata dai paesi occidentali all’interno dei perimetri del proprio “giardino”, nonostante il fatto che la componente russofona e/o filorussa fosse molto forte e creasse problemi non indifferenti al distacco da ciò che tanti consideravano quantomeno un paese “fratello” se non addirittura una madrepatria da cui era stato un errore staccarsi. Le due “rivoluzioni ucraine” del 2004 e del 2014 sono indicative: in entrambi i casi vediamo un presidente filorusso eletto che viene contestato e deposto da una piazza a favore dell’occidentalizzazione del paese, piazze certo nate spontaneamente e fortemente motivate da preoccupazioni di carattere economico e dall’indignazione per la corruzione governativa, ma che sono state sfruttate dall’Occidente che ha fortemente finanziato e armato le componenti più retrive. Se nel 2004 la Federazione Russa era ai minimi termini della sua potenza, nel 2014, in una condizione migliore, non accettò la sua riduzione a potenza minore e, con l’annessione della Crimea e l’appoggio alle Repubbliche del Donbas, diede un chiaro messaggio ai paesi dell’area NATO: la Federazione Russa considerava l’Ucraina il suo “giardino di casa” cui al massimo poteva concedere una condizione di neutralità.

In questi otto anni, però, i paesi dell’area NATO non hanno mai accettato questo spostamento di equilibrio. D’altronde, chi gioca sul proprio apparato militare per imporre i propri interessi sullo scenario internazionale non può permettersi di apparire un perdente – e questo vale da entrambe le parti. In questo periodo, allora, c’è stata la guerra dell’esercito ucraino contro le repubbliche separatiste del Donbas, con un’escalation che è giunta fino all’inserimento nella Costituzione dell’adesione all’Unione Europea e alla NATO.

Da lì in poi è stato un continuo e crescente mostrare i muscoli, fino all’intervento militare diretto della Russia contro l’Ucraina, con l’obiettivo dichiarato di rendere il paese neutrale, abolendo i passi citati prima della Costituzione, costringendo l’Ucraina al riconoscimento – almeno – della Crimea come parte della Federazione Russa e l’indipendenza delle repubbliche del Donbas, nonché una sostanziale smilitarizzazione dell’Ucraina. Il che ha fatto saltare tutti gli accordi “amicali” che in questi otto anni, anche in presenza delle prime sanzioni post 2014, si erano andati sviluppando.

Ora chi ha fatto saltare il banco è difficile dirlo. Sicuramente la Federazione Russa ha mosso il primo passo militare ma la NATO – o per lo meno alcuni dei suoi paesi, particolarmente quelli delle regioni ex Patto di Varsavia, la Polonia in particolare, hanno spinto l’Ucraina nel portare avanti lo scontro con la Federazione Russa. Probabilmente – le primissime reazioni, ora dimenticate, del presidente ucraino che lamentava un “tradimento” dell’Occidente ed il persistente insistere della Polonia su richieste di aiuto militare diretto della NATO all’Ucraina anche a rischio di un’escalation nucleare – fanno ipotizzare che alcuni paesi NATO avessero promesso all’Ucraina proprio quello che oggi, di fronte alla palese minaccia dell’uso dell’arma nucleare, la NATO nel suo complesso giustamente teme: uno scontro diretto con la Federazione Russa.

In tutto ciò, salvo la spedizione di armi, le contromisure sono state appunto tutte legate a sanzioni economiche che, di giorno in giorno, aumentano sempre di più. D’altronde i Signori della Terra sanno benissimo che queste contromisure le pagheremo noi, come possiamo vedere dallo spaventoso aumento di gas e petrolio – aumenti tanto più enormi perché vanno ad aggiungersi ai già notevoli rincari che erano avvenuti nei mesi precedenti e che avevano già fatto lievitare bollette e pieni di carburante.

Questo poi probabilmente sarà solo l’inizio: tagliare un numero così spropositato di rapporti economici, significherà far sparire anche tutti quei posti di lavoro dipendente o semidipendente o paraautonomo che ad essi fanno riferimento – e non saranno certo pochi.

D’altronde, i governi non si sono fatti mai problemi in merito: giusto negli ultimi anni, non si sono certo spaventati a lasciare centinaia di migliaia di lavoratori senza reddito, licenziati da decine di aziende che hanno preso la palla al balzo di due anni di pandemia per risparmiare sul costo del lavoro ricavandoci più profitti di due anni fa. Governi che danno il colpo di grazia ai sistemi sanitari già rapinati e semismantellati da almeno quarant’anni, chiudendo interi reparti ospedalieri e non assumendo medici di base e infermieri negli organici. Governi che, in generale, distruggono i servizi sociali, abbattono i salari reali, attaccano ogni diritto politico e sindacale – cosa che, in Italia, è stata particolarmente evidente con l’omicidio sul lavoro di manodopera in “alternanza scuola-lavoro”.

Insomma in questo scontro a chi ce l’ha più duro, come al solito, i costi delle guerre le pagheremo noi. Li stanno pagando in termini di morti e distruzione le popolazioni ucraine ma anche in parte quelle russe, con i morti ed i feriti presenti anche nell’esercito operante in Ucraina. Li pagheremo tutti noi che che non facciamo parte delle élites dominanti, in termini economici, sperando di non doverli pagare anche diversamente.

Non possiamo allora sostenere le scelte guerrafondaie dei governi dell’area NATO, né tantomeno, più o meno per le stesse ragioni, quelle del governo russo. Siamo contro il governo ucraino e contro tutti i governi perché essi servono e serviranno solo a mantenere lo sfruttamento e incentivare le guerre.

Per l’umanità, la soluzione definitiva per evitare una vita sociale fatta di sofferenze e di guerre è quella di sbarazzarsi del potere politico ed economico, per prendere la nostra vita nelle nostre mani, con il mutuo appoggio e l’autogestione della produzione e dei servizi sociali per la collettività. Dobbiamo partire da quel poco che già c’è: dalle esperienze comunitarie e autogestite, dalle lotte di resistenza che sono state espresse da gruppi di lavorator* e disoccupat*, dalle lotte studentesche, da quelle di genere, da quelle in difesa dei territori e per l’ambiente. Nell’immediato futuro, il nostro compito sarà di opporsi alla guerra, sia mettendo i bastoni tra le ruote alle iniziative guerrafondaie dei nostri governi sia nel rifiutare di pagarne i costi. Antimilitarismo e azione sindacale di base devono convergere per opporsi a un potere che ci conduce al disastro e prospettare un mondo diverso. Dopo il rischio di catastrofe climatica, il rinnovato rischio di una guerra fatta con le armi atomiche ci fa capire come una società egualitaria ed autogestionaria sia oramai non solo una scelta ampiamente desiderabile in senso morale ma, oggi, anche l’ultima speranza per la sopravvivenza della specie umana.

Gruppo Anarchico “Francesco Mastrogiovanni” – F.A.I. – Napoli

NOTE

[1] https://www.lettera43.it/accordi-italia-russia/?refresh_ce

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2018/05/24/francia-russia-paesi-che-risolvono-temi_a2433975-a336-4224-8ab4-b8cd7b5a4d29.html

[3] Per uno sguardo generale alla situazione degli armamenti atomici vedi https://www.corriere.it/esteri/22_febbraio_28/bombe-atomiche-russia-usa-quante-mappa-917058b4-9851-11ec-899b-30de360aaa79.shtml

[4] https://www.ilpost.it/2022/01/29/esercito-russo-moderno-putin/

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