Chiudiamo il polo della guerra
Basi e caserme non ne vogliamo, né a Coltano né all’Ardenza, né altrove
Nelle ultime settimane la notizia del progetto di costruzione di una gigantesca base militare nei pressi di Coltano, tra Pisa e Livorno, ha sollevato critiche a livello locale e nazionale dagli ambienti più diversi. L’attenzione che si è levata recentemente attorno al progetto ha seguito la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 23 marzo scorso del DPCM che decreta l’intervento infrastrutturale per la costruzione della base che sarà destinata al I Rgt. Carabinieri paracadutisti “Tuscania”, al GIS, e al Centro cinofili. Ma è da oltre due anni in realtà che l’area per la mega caserma è stata individuata, infatti già il 23 dicembre 2019 la Camera dei deputati impegnava il governo con un Odg firmato da Rizzo (M5S), Presidente della Commissione IV Difesa della Camera, a valutare la destinazione delle risorse necessarie alla costruzione della base. Questo è chiaro dalle frasi contenute nel testo del documento e in quei giorni battute anche dalle agenzie di stampa: “è stata individuata un’area adiacente al perimetro della base USA di «Camp Darby» che, per la sua collocazione geografica (vicinanza all’aeroporto di Pisa e alle aree addestrative del CISAM) e per la sua estensione, appare idonea ad ospitare i due reparti”. Perciò quando esponenti politici dei partiti che partecipano al governo o amministratori locali affermano che non ne sapevano niente, se non che addirittura che sono contrari, non la raccontano giusta. Queste informazioni erano pubbliche da tempo.
Si sta formando un movimento di opposizione al progetto, per rifiutare l’ennesimo scempio ecologico e l’ennesima base di guerra che incrementerà la militarizzazione della zona. Molti in questo contesto denunciano la beffa dell’uso dei fondi del PNRR per la transizione ecologica per realizzare la base, mettono in luce la fragilità del territorio che sarebbe definitivamente compromessa da una progetto che prevede 440 mila metri cubi di nuove edificazioni da costruire all’interno di un Parco protetto, su una area complessiva di 730 mila metri quadrati. Questo progetto devastante si inserisce in un quadro già molto grave, segnato dall’ampliamento in corso della base USA di Camp Darby e dall’apertura circa due anni fa della base del COMFOSE (Comando delle Forze Speciali dell’Esercito). Progetti che spesso sono approvati dalla grande menzogna della transizione ecologica, vero e proprio greenwashing del settore bellico, come il progetto “caserme verdi” che ha finanziato interamente la costruzione della base del COMFOSE. Si tratta di un piano complessivo di riorganizzazione dei reggimenti che compongono forze speciali e di intervento rapido e che sono in via di trasferimento dalle sedi di Livorno all’area compresa tra San Piero a Grado e Coltano, dove si sposteranno tutte le attività addestrative.
Questi reggimenti, impiegati nelle missioni di guerra fuori dai confini nazionali, saranno concentrati attorno alla base di Camp Darby, che già oggi è uno dei principali arsenali statunitensi nel mondo, rifornisce di armi e materiale bellico tutta l’area mediterranea e mediorientale e si prepara ad incrementare questo ruolo. La creazione di un vero e proprio polo della guerra tra Livorno e Pisa era già stato annunciato dall’allargamento dell’Aeroporto militare di Pisa Dall’Oro con il progetto dell’Hub militare circa dieci anni fa.
Rifiutiamo la nuova gigantesca base a Coltano, insieme all’ampliamento di Camp Darby e alla nuova sede del COMFOSE. È necessario lottare per una smilitarizzazione del nostro territorio, perché a Livorno, come anche a Pisa, sappiamo bene cosa significa subire la presenza di questi reggimenti in città: la continua propaganda di guerra, per celebrare le missioni a cui partecipano; le parate nostalgiche e l’esaltazione della dittatura fascista; le prepotenze dei militari; la devastazione ecologica e sociale che accompagna la militarizzazione del territorio. Per questo sosteniamo le iniziative contro questo progetto. In questi mesi la guerra in Ucraina e il riarmo degli stati europei che l’accompagna, fa temere in una espansione del conflitto. La partecipazione dell’Italia con l’invio di militari ai confini con l’Ucraina a potenziare le missioni NATO si inserisce in un più generale inasprimento della politica militare italiana, particolarmente evidente nell’impegno neocoloniale condotto dallo stato italiano in Libia, nel Sahel, e in altre zone dell’Africa, spesso al fianco dell’ENI. Missioni ormai presentate secondo una nuova retorica guerrafondaia, non più come “umanitarie”, ma come interventi per la “difesa dell’interesse nazionale”, rendendo chiaro il rinnovato carattere predatorio e aggressivo della politica estera dell’Italia. Abbiamo costituito mesi fa il Coordinamento per il ritiro delle missioni militari proprio per opporci a questa nuova prospettiva di guerra. Su queste premesse oggi ci uniamo a chi sul piano antimilitarista si oppone a questo progetto, ribadendo che basi e caserme non le vogliamo né all’Ardenza, né a Coltano, né altrove.
Livorno, 15/04/22
Coordinamento cittadino per il ritiro immediato delle missioni militari italiane all’estero