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Anarchici nella Resistenza (prima parte)

Anarchici nella Resistenza (prima parte)

A cura di Franco Schirone

Lo storico Gigi Di Lembo, in riferimento al numero di esuli durante il fascismo, considera in più di 10.000 i profughi anarchici, il 13% di tutti i fuorusciti1. Un ulteriore dato lo ritroviamo nel campo del sindacalismo rivoluzionario (l’Unione Sindacale Italiana): nel 1923 sono oltre 30.000 gli aderenti all’USI profughi nel mondo; altrettanti sono costretti ad allontanarsi dai propri paesi e città per trovare rifugio in altri luoghi della penisola2. A completare il quadro della forte repressione accompagnata da un feroce squadrismo fascista, ricordiamo che su 105 Camere del Lavoro Sindacaliste (USI) ne sopravvivono (ancora per poco) solo otto; i giornali anarchici e sindacalisti rivoluzionari sono costretti a chiudere e le tipografie incendiate; gli squadristi assaltano i quartieri operai provocando decine di morti e nel contempo 65.000 lavoratori delle ferrovie (tutti ritenuti sovversivi) sono licenziati in tronco per rappresaglia politica. Completano il quadro gli oltre 35 secoli di condanne che vengono elargite dai tribunali in processi farsa contro i lavoratori dell’USI in tutta la penisola, senza contare i processi nel campo libertario.

I primi esuli anarchici e sindacalisti rivoluzionari costituiscono già all’inizio del 1922 una prima numerosa comunità di profughi e organizzano il primo Comitato di soccorso ed aiuto fra i profughi. A distanza di un anno (1923), con l’arrivo dall’Italia di altre migliaia di fuorusciti, i diversi gruppi di affinità danno vita a comitati di resistenza ed aiuto alle vittime del fascismo attraverso la costituzione di organismi quali: Comitato nazionale anarchico pro vittime politiche d’Italia (Parigi e Buenos Aires); Comitato anarchico pro figli dei carcerati politici d’Italia (Marsiglia); Comitato d’emigrazione dell’Unione Sindacale in Francia (Parigi); Comitato internazionale di difesa anarchica (Parigi) e un organismo di sottoscrizione permanente per le vittime politiche (Ginevra).

Ma l’opera dei fuorusciti anarchici rappresenta un capitolo vasto e importante per poterlo racchiudere in questa sede e in poche righe, ricordiamo solo che l’attività antifascista degli esuli, oltre che in Francia, Belgio, Lussemburgo, è forte in Spagna, Stati Uniti, Brasile, Argentina, Tunisia ed in altri paesi.

La resistenza libertaria contro il fascismo in Italia inizia con gli Arditi del popolo, una formazione che comprende militanti di base di ogni organizzazione specifica politica e che vanno anche contro le stesse direttive del proprio partito; ricordiamo che l’Unione Anarchica Italiana è la sola a sostenere politicamente e con propri militanti gli Arditi del Popolo, nel tentativo di far fronte militarmente alla canea fascista, agli assalti alle Camere del Lavoro, alle Case del popolo e alle sedi della sinistra in generale. Le barricate di Parma, la difesa di Sarzana e di Bari vecchia sono solo alcuni esempi di difesa militare contro le squadracce fasciste.

Una volta al potere, consolidatolo, per le opposizioni non vi è più scampo e possibilità di esistere se non attraverso l’azione clandestina e una presenza minima nelle roccaforti proletarie. Viene persino repressa l’opera di aiuti ai figli dei carcerati ma l’attività prosegue: i continui sequestri di volantini in diverse città, gli incontri segreti ogni Primo Maggio, la costituzione di gruppi clandestini e i conseguenti arresti, l’organizzazione per gli espatri clandestini, i continui processi che mandano in prigione e al confino centinaia di compagni, le attività dell’Usi clandestina e quella dei ferrovieri, la diffusione dei giornali che i profughi riescono a far entrare in Italia sono la dimostrazione di una certa vitalità lungo tutto il ventennio.

La ripresa si presenta nel 1942-43, nel corso del secondo conflitto mondiale a seguito degli insuccessi della guerra che incrinano il consenso al fascismo. Vengono ripresi i contatti nelle diverse località con due convegni clandestini a Sestri e a Bologna nella ricerca di una unità d’azione per battere la monarchia e il fascismo, nello stesso tempo in Liguria, Toscana e in Emilia viene organizzato il Fronte Unico dei Lavoratori.

Con la caduta del fascismo e i 45 giorni di Badoglio (25 luglio-8 settembre 1943) vengono liberati tutti gli antifascisti confinati nelle diverse isole. Tutti fuorché gli anarchici, che saranno deportati mesi più tardi in un campo di concentramento a Renicci d’Anghiari (Arezzo) da cui evaderanno tornando nei propri luoghi d’origine dove saranno attivi nella costituzione di gruppi e formazioni partigiane.

L’attività degli anarchici nella Resistenza segue diverse strade, secondo le situazioni e la presenza. Nei centri dove in passato sono stati storicamente presenti si organizzano con proprie formazioni (Carrara, Pistoia, Genova, Milano); là dove non esiste questa possibilità gli anarchici entrano a far parte sia nelle formazioni garibaldine o nelle Matteotti, in Giustizia e Libertà, nelle formazioni autonome e nelle bande disseminate nel centro-nord.

Descriviamo qui di seguito una sorta di geografia dell’attività anarchica nella Resistenza.

Iniziando dal Meridione d’Italia troviamo che in Sicilia si costituisce un Fronte Unico contro il fascismo formato da anarchici, repubblicani, socialisti e comunisti.

Nelle Puglie i vecchi anarchici entrano nei gruppi del Partito socialista, del PCI e del Partito d’Azione. Nella zona di Canosa, invece, si organizzano in gruppi e federazioni (1943): qui, per alleviare i disagi della popolazione che soffre la fame, riaprono forzatamente i mulini per la macina distribuendo la farina a tutta la popolazione. A Canosa saranno 3.000 le adesioni ai gruppi anarchici prima della fine della guerra. Gli anarchici saranno alla testa di un raggruppamento antifascista a Bari davanti al carcere per pretendere la liberazione dei detenuti: negli scontri con la polizia si contano 23 morti e 60 feriti. Stesse azioni dimostrative anche alle carceri di Barletta.

A Napoli, nei giorni dell’insurrezione, sono tra i primi animatori della storica lotta degli scugnizzi contro i tedeschi.

La partecipazione alla cospirazione a Roma provoca numerose perdite tra le fila libertarie. Sono presenti in particolare nella formazione di Vincenzo Baldazzi, ex dirigente degli Arditi del Popolo e amico personale di Errico Malatesta. Importante anche la presenza in “Bandiera Rossa”. Da ricordare l’eccidio delle Fosse Ardeatine ad opera dei nazisti, qui almeno cinque anarchici vengono trucidati.

Nelle Marche l’ex confinato politico Alfonso Pettinari è commissario politico di una formazione partigiana del Partito Comunista nel maceratese.

Forme più specifiche di organizzazione le troviamo nel centro-Nord.

A Piombino, storica zona di presenza anarchica ed anarcosindacalista, sono organizzate azioni contro il nazifascismo; Adriano Vanni sarà uno fra i più validi animatori della Resistenza nella Toscana meridionale ed opera nelle formazioni che agiscono all’interno della Maremma.

Si costituiscono gruppi nell’Empolese, a Firenze e altre zone limitrofe. Sul Monte Morello, nei pressi di Firenze, è costituita la prima banda armata della Provincia in stretti rapporti con altri militanti di Firenze.

A Livorno il primo comitato di liberazione è formato con la partecipazione anarchica che assume incarichi delicati portati a compimento; sono, inoltre, costituiti numerosi gruppi in città e nei dintorni. La divisione “Garibaldi” viene intitolata all’anarchico Lanciotto Gherardi che ne era stato vice-comandante, caduto durante la liberazione della città.

In provincia di Pisa abbiamo una presenza anarchica nella formazione del Monte Faeta.

Nella Lucchesia presenza attiva con compiti importanti. A Pistoia e sulle circostanti montagne la lotta partigiana ha vita grazie ai numerosi anarchici. Tra i più conosciuti Silvano Fedi, morto alla testa della sua formazione autonoma. Anarchici presenti anche nella formazione comunista “Bozzi” che opera sull’appennino Tosco-Emiliano, una di quelle formazioni che daranno vita alla nascita della Repubblica di Montefiorino nel modenese. Molti altri anarchici pistoiesi operano nelle diverse formazioni tra la provincia di Lucca e Pistoia.

In Garfagnana si uniscono alle formazioni di Manrico Ducceschi e alcuni hanno avuto funzioni di primaria importanza.

Carrara rappresenta un discorso a parte perché soprattutto qui si costituiscono le prime formazioni prettamente anarchiche come la Gino Lucetti, la Michele Schirru nei monti, la Renato Macchiarini a valle (guidate da Ugo Mazzucchelli) e la formazione Elio. Dentro Carrara il centro della lotta è la SAP-FAI dove confluisce e da dove parte tutta la resistenza della zona: è a Carrara che la guerra di liberazione sbocca in guerra sociale. Allorché manca il pane e il necessario per la sussistenza saranno gli anarchici a prelevare, contro il parere degli altri partiti e dello stesso CNL, ai ricchi del luogo sette milioni utilizzati per vettovagliare la popolazione e i partigiani, oltre l’Appennino, nelle pianure emiliane. Le cave di marmo vengono espropriate e gestite direttamente dai cavatori. È Carrara che viene liberata prima dell’arrivo degli alleati e dove vengono fatti prigionieri 600 tedeschi.

Nella zona di La Spezia-Sarzana-Carrara operano diversi compagni con proprie formazioni (Contri e Tullio De Santo).

Dalla Toscana all’Emilia. Ad Imola Primo Bassi (reduce da un lunghissimo soggiorno nelle carceri fasciste), Ulisse Merli (combattente in Spagna ed ex confinato) e altri anarchici operano nei CNL clandestini.

A Bologna, l’anarchico Attilio Diolaiti opera attivamente alla costituzione delle prime brigate partigiane (la “Bianconcini” ad Imola, la “Fratelli Bandiera” e la “7° Gappisti” a Bologna); viene arrestato e fucilato insieme ad altri cinque compagni e compagne.

A Reggio Emilia un distaccamento “Garibaldi” prende il nome di Enrico Zambonini, anarchico fucilato dai nazifascisti.

A Piacenza Emilio Canzi (nome di battaglia Ezio Franchi, già fuoruscito, combattente nella Ascaso in Spagna) è il comandante unico della divisione partigiana (venti brigate, 12.000 uomini) guidandola per un anno e mezzo alla liberazione di Piacenza prima dell’arrivo degli alleati. Muore nel dicembre 1945 in uno strano incidente: in precedenza ha organizzato le prime bande partigiane a Piacenza.

1 Cfr La Resistenza sconosciuta, Zero in Condotta, Milano

2 Il nostro bilancio morale, “Guerra di Classe” 18 novembre 1923.

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