Riceviamo e pubblichiamo.
Nelle lotte ingaggiate per l’emancipazione degli oppressi dal capitalismo, durante il periodo che va dalla Prima Internazionale (1864) ai giorni nostri, sono più noti i marxisti degli anarchici.
Ne segue che alcuni partiti e movimenti marxisti hanno condotto, attraverso complesse strategie, in parte semiautomatiche, a soluzioni autoritarie assai peggiori della primitiva condizione da cui ci si vuole liberare. Mentre l’anarchia risponde ad un elementare, istintivo stimolo, che porta all’abolizione diretta di ogni autorità.
Il motivo di questa distorsione è da ricercare nella tendenza all’intruppamento delle masse in una disciplina che sottrae il singolo alla responsabilità di una scelta individuale.
L’attuabilissimo rimedio è dato dall’ educazione dei fanciulli al gioioso uso delle proprie individuali irripetibili potenzialità espressive, attraverso un libero gioco, risorsa consentita ad ogni uomo e a ogni donna, risorsa che era stata evidenziata dai maggiori pensatori, da Platonei a Readii, e convalidata dalle recenti acquisizioni di fisiologia neurologicaiii.
Nell’immediato vale l’ammaestramento di Carlo Michelstaedteriv, che invitava a distinguere, nei rapporti quotidiani, le persone convinte, che vogliono muoverci con la persuasione, da coloro che praticano una retorica furbesca e propinano i loro falsi moralismi, allo scopo di usarci per i loro inconfessati interessi.
Un tempo la malversazione di costoro era parzialmente repressa dalla coercizione legislativa degli Stati nazionali liberisti, che, per salvaguardare il proprio profitto nel sistema degli scambi, limitavano taluni abusi dell’economia consumistica. Ma gli Stati nazionali sono preda di un graduale suicidio, mediante il reciproco annientamento e la disgregazione interna, dovuta alla corruzione.
Il gioco di borsa del grande capitale, concentrato in poche mani dall’imperialismo planetario, e difeso dalle stragi e dalla minaccia atomica, va frantumando ogni potere locale e lo sostituisce con un pulviscolo di azioni individuali “spontanee”, attuate secondo il principio della competizione fra persona e persona, gara che all’apparenza sembra sia l’unica risorsa per emergere dallo stritolamento nella routine della fabbrica e dell’ufficio. Da ciò il crescente aumento esponenziale della differenza fra i compensi astronomici dei manager e le misere paghe dei subalterni.
L’imperialismo sostituisce con la lotta fra i singoli, “homo, homini lupus”, quella battaglia politica fra i gruppi, che un tempo si combatteva a tutela della propria condizione sociale e animati da convincimenti ideali. L’azione sociale si riduce così all’esasperata conflittualità individuale di tutti contro tutti, per la totale distruzione delle istituzioni, soppiantate da cosche mafiose.
Allo spezzettamento negativo provocato dai detentori del potere statale, bisogna opporre lo spezzettamento positivo degli oppressi, in una prima fase mobilitazione di ciascuno, per iniziativa personale, premessa virtuale del successivo coinvolgimento collettivo.
Sarà la scelta degli uomini liberi e delle donne che vogliono battersi per migliorare se stessi e gli altri. Era in antico l’indirizzo dominante, esemplificato da molti scrittori fra cui Plutarcov. Va ripreso oggi avendo per metodo la coerenza fra mezzi e fini, nel quadro della sempre incompiuta, ma sempre perseguibile solidarietà universale fra gli anarchici.
Questa è l’unica soluzione praticabile per rallentare la devastazione capitalistica del pianeta.
Trieste, 14 ottobre 2020
Giulio Montenero
Da ciò la decisiva importanza dell’educazione estetica, praticabile fin dalla più tenera età, non a forza, ma accostandosi al discepolo con fare leggero e frivolo, e porgendogli diversi attrezzi ludici, fra cui il bimbo sceglierà il gioco che, senza avvedersene da parte sua, meglio corrisponderà alle attitudini peculiari della sua unica e irripetibile individualità, così da anticipare la futura vocazione professionale dell’adulto. Di fatto, soltanto chi gioca bene e liberamente da bambino sarà domani un ottimo cittadino lavoratore.
Read segue alla lettera l’insegnamento di Platone e lo adegua alle esigenze del tempo presente. Nei vent’anni precedenti il ricercatore aveva studiato un gran numero di bambini che, prima dell’adolescenza, incontrano l’ambiente circostante con un contatto diretto, immediato e unitario, sicché la comprensione conoscitiva viene mescolata a emozioni affettive.
In seguito, quei giovani dovranno affrontare un mondo fatto di forze in contrasto, immagini staccate dalla realtà, concetti staccati dalle sensazioni, logica staccata dalle azioni. Sarà perciò preziosa la loro la riserva di energia immaginativa e unitaria, tesaurizzata nell’educazione estetica, fatta di musica, canto, danza, pittura e disegno.
Inoltre il disegno spontaneo dei bambini può consentire all’insegnante di pronosticare i modi dello sviluppo avvenire, utilizzando le acquisizioni della psicologia analitica di Carl Gustav Jung (1875-1961), che gli dischiudono il campo dell’inconscio, nell’alternarsi delle pulsioni fra introversione ed estroversione, e gli rivelano la funzione dominante, sensazione o percezione, sentimento o pensiero, fino a intendere dal disegno puerile il sintomo di uno degli otto tipi caratteriali.
Il fenomeno è stato ampiamente descritto in molti libri, fra i quali indispensabili alla comprensione sono i seguenti:
- Herbert Marcuse, “La dimensione estetica e altri scritti” (1968-1977), Milano, Guerini e Associati, 2002.
- Giovanni Jervis, “Il mito dell’interiorità”, (1962-2000), Torino, Bollati Boringhieri, 2011.
- Gerald M. Edelman, “Darwinismo neuronale” (1987), Milano, R. Cortina, 2018.
- Antònio Rosa Damasio, “Lo strano ordine delle cose”, Milano, Adelphi, 2018.
Scrittura la sua limpida e densa, nella quale le frequenti citazioni in greco dai classici, prova di grande ricchezza del sapere e di abile destrezza nel manovrarlo da filologo esperto, si intrecciano allo sguardo disincantato e sconcertante che penetra negli abissi di falsità e di assurdità del quotidiano vivere sociale.
Ad esempio paragona l’operare di un qualsiasi alto funzionario, pubblico o privato che sia, a un organetto meccanico. “Se si mette una moneta, la macchina, pronta, suona la melodia desiderata. Analogamente l’uomo compie per la società un determinato lavoro, che gli è familiare e istintivo nel modo di eseguirlo, ma oscuro nella ragione e nel suo fine”.
Questa è la retorica, che avvolge tutte le cose. Si può uscirne soltanto con la persuasione, nell’attimo in cui si vince la paura della morte, e ci si accorge che ogni cosa che noi attendiamo dal mondo la abbiamo già in noi stessi.
Indifferente nell’esaminare il destino dei suoi protagonisti, a volte concluso in una impresa trionfale, altre volte nel fallimento tragico, e incurante altresì del primato ellenico nelle arti e nella cultura e di quello latino nella gloria guerresca, Plutarco ricerca il senso della vita nella tranquillità spirituale di derivazione platonica e, in politica, nella tutela della pace.
Le “Vite”, descritte con perfetta imparzialità di fronte a pregi e vizi, furono. nei due millenni di estrema attenzione a quelle biografie, di esempio nell’educazione dei giovani e di ammirazione da parte dei grandi condottieri, Napoleone per primo.
Alcune storie furono di stimolo all’emancipazione degli sfruttati. Fra queste, le vicende dei Gracchi, due tribuni del popolo, uccisi entrambi in pubblica assemblea, in opposizione al loro tentativo di propugnare una legge che limitava il latifondo. Plutarco registra il celeberrimo discorso ai plebei di Tiberio Gracco: “Vi costringono a spargere il vostro sangue in battaglia, soltanto per il loro lusso e per la gloria degli altri. Vi dicono padroni del mondo e non avete neanche una zolla di terra in cui seppellirvi”.