All’apertura dell’anno scolastico, la scuola ha visto il manifestarsi del malessere e dell’indignazione delle colleghe e dei colleghi precari/e per come vengono trattati/e dall’amministrazione, appunto, della scuola e dai governi di vario colore che si sono susseguiti nel tempo. Non essendo la prima volta vi è il rischio che finiamo per accettare una situazione indecente anche se vi sono segnali interessanti di opposizione.
Si sono mobilitati per primi/e i colleghi e le colleghe risultati idonei al concorso del 2020 organizzando vivaci e combattivi presidi in molte città per rivendicare il diritto a un’immediata immissione in ruolo denunciando la pretesa del Ministero di relegarli in una sorta di limbo e di rimandare all’infinito l’assunzione in ruolo.
Una situazione inaccettabile come è inaccettabile la politica governativa basata sulla creazione di una pletora di gruppi di precari in situazioni giuridiche diverse e, di conseguenza, spinti ad una lotta fratricida.
Subito dopo si sono avute le proteste delle precarie e dei precari penalizzati/e dal folle meccanismo di un algoritmo che ha determinato, in molte province, veri e propri disastri a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.
La scelta delle scuole continua ad essere al buio, senza conoscere quali sono i posti disponibili e, spesso, senza sapere nemmeno il proprio punteggio esatto.
L’assurdità della situazione risulta evidente quando, ad esempio, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Torino afferma che i ritardi e le omissioni nelle sue operazioni sono causati da carenza di personale, dimostrando chiaramente che le dichiarazioni roboanti sui miracoli della procedura informatizzata sono, come minimo, un po’ esagerate.
Come sappiamo bene la tecnologia può solo rendere più veloci alcune operazioni molto semplici e ripetitive ma la sua applicazione cieca genera abusi d’ordine di grandezza molto superiori, grazie alla forza moltiplicativa della macchina.
Per queste ragioni i gruppi di precari e precarie che si mobilitano e i sindacati di base della scuola sostengono da sempre la necessità della trasparenza e del ritorno delle assegnazioni delle supplenze in presenza che, con tutti i loro difetti, permettono di correggere almeno parte delle irregolarità e degli errori appena vengono verificati.
Salvo Intravaia, su “La Repubblica” del 4 settembre, scrive a questo proposito:
“Basta con l’algoritmo per l’assegnazione delle cattedre: sulla nostra vita non può decidere un programma”.
Prima del 2020 le supplenze venivano assegnate con le cosiddette “convocazioni” in presenza. Ma poi l’allora ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina informatizza le Gps: le graduatorie provinciali dei supplenti. Oggi è necessario compilare un complicato format online.
Gira l’algoritmo delle supplenze e iniziano le proteste dei precari. I primi bollettini sono stati pubblicati tra sabato e domenica scorsi in alcune province del Piemonte e della Lombardia. E via via nelle altre province. L’altro ieri mattina, a Milano una ventina di persone si è presentata alla sede dell’Ufficio scolastico provinciale, il Provveditorato agli studi, con le bandiere di un sindacato di base per fare sentire la propria voce. Mentre a Torino, il sindacato Cub Scuola università ha organizzato un presidio di protesta davanti al provveditorato agli studi della città. A Brescia i docenti nominati e convocati per la firma del contratto sono stati rimandati a casa. Tutto da rifare. E siamo solo all’inizio. Le lamentele riguardano soprattutto due argomenti: docenti che si ritengono scavalcati da colleghi con minore punteggio e cattedre fantasma. E si dicono “danneggiati dall’inefficienza dall’amministrazione”.
In realtà mobilitazioni e proteste si sono date e si stanno dando in diverse altre città.
Di fronte alle mobilitazioni dei precari e al disastro organizzativo che le determina, Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e – il termine fa un po’ ridere – del Merito risponde su “Il Tempo” del 6 settembre:
«Per questo governo quella dei precari è una priorità. Dobbiamo avviare una strategia complessiva per provare a risolvere questa che è una grande questione della scuola italiana. Bisogna intanto sgombrare il campo dalle tante fake news che sono state diffuse in questi giorni innanzitutto non è vero che ci sono 250.000 precari nella scuola italiana. Non lo dice neanche la Corte dei conti. La situazione per quanto riguarda i precari sino al 30 giugno e al 31 agosto è quella di 165.000 unità, che si ridurranno a 155.000 entro dicembre grazie alle assunzioni derivanti dai concorsi che sono in via di chiusura. L’anno scorso e negli anni precedenti il numero di precari era di 160.000 unità – dice ancora il ministro – quindi a dicembre ci sarà una prima significativa riduzione».
Ammettiamo come esercizio retorico, non ci costa nulla, che Giuseppe Valditara dica il vero. Riconoscere che quasi un quinto del personale della scuola è stabilmente precario è la conferma della gravità della situazione.
In realtà chi conosce la scuola sa perfettamente che la scuola pubblica vede una massa imponente oltre che di precari e di precarie di lavoratrici e lavoratori in appalto. L’unica maniera per “riconciliare” i numeri è pensare che il Ministro si sia scordato delle cattedre che verranno a trovarsi vacanti per via dei pensionamenti.
Sull’algoritmo lo stesso Giuseppe Valditara su La Tecnica della Scuola del 6 settembre afferma:
“Tornare indietro non è possibile, migliora la velocità e l’efficacia delle assunzioni. Ho chiesto comunque di verificare le regole di scorrimento delle graduatorie e la presenza di errori per eventualmente correggere.”
Vi è, insomma, un culto religioso dell’algoritmo e la promessa di verifiche che da tre anni vengono garantite ma non si vedono.
È sin evidente che è necessario su quest’ordine di problemi agire mobilitandosi direttamente contro le diverse vessazioni che i precari e le precarie della scuola subiscono e di unire tutto il personale della scuola andando alla radice del problema e cioè la stessa creazione da parte dell’Amministrazione di una massa imponente di precari pretendendo:
– l’immediata assunzione in ruolo di tutti e tutte gli/le aventi diritto su tutti i posti disponibili;
– il riconoscimento alle colleghe ed ai colleghi precari dell’eguaglianza delle retribuzione e dei diritti rispetto a quelli e quelle di ruolo.
Si tratta di un percorso non facile, può non fare piacere, ma è nelle cose che i diversi gruppi di precari e precarie della scuola, e la cosa vale per molte altre realtà lavorative, tendano a mobilitarsi, quando si mobilitano, sulle proprie difficoltà e sulle proprie urgenze ma è proprio la gravità della situazione che rende necessaria da parte delle minoranze agenti di porre l’accento sul carattere generale della mobilitazione e sulla necessità di intrecciare la questione degli organici con una critica radicale della politica generale del governo per quel che riguarda la formazione.
Non è certo un caso che il governo ponga l’accento sul tema della “sicurezza” nella scuola e che offra al personale la “protezione” delle forze dell’”ordine” in luogo di aumenti retributivi preparandosi a chiudere con i sindacati concertativi l’ennesimo contratto a perdere.
Su quest’ordine di problemi come sulla riforma della “filiera” degli istituti tecnici e professionali per quel che riguarda la scuola secondaria superiore si deve nell’immediato sviluppare l’iniziativa.
Un percorso, come si è detto, non facile ma interessante e che vale la pena di affrontare.
Cosimo Scarinzi