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Scenari per l’economia prossima ventura

Scenari per l’economia prossima ventura

È una caratteristica della società attuale vivere in un eterno presente, senza memoria e senza futuro. Questa caratteristica si esprime anche nell’incapacità di sognare, di immaginare una vita o un mondo diverso e nel presente rinchiudersi nelle miserie quotidiane, nella sopraffazione dell’altro perché, se non si riesce a immaginare di poter stare meglio, si ha bisogno di qualcuno che stia peggio per sentirsi privilegiati.

A questo modello culturale non sfugge il pensiero sulle conseguenze della pandemia da coronavirus. Si percepisce la quarantena e l’isolamento come una rottura della routine quotidiana, sperabilmente breve, trascorsa la quale la vita riprenderà il suo abitudinario fluire.

Stiamo assistendo a un teatrino dove i governanti, primi responsabili della crisi della sanità pubblica, addossano ai cittadini la colpa del contagio. L’untore è chi esce di casa per andare a fare una passeggiata, da solo e senza il rischio di infettare nessuno, non chi si ostina a tenere aperti posti di lavoro, pubblici e privati non necessari alla gestione, alimentare e sanitaria, dell’emergenza.

Va anche segnalato l’efficacia psicosociale della comunicazione emergenziale nella cultura di massa. Non c’è una parola di critica verso chi governa, che ha privatizzato una grossa parte del sistema sanitario e tagliato i fondi a quello che rimaneva del pubblico. In Italia, nel corso dell’emergenza, sono stati realizzati reparti di terapia intensiva aggiuntivi con costi sostenuti dallo stato (e da alcune donazioni private) e sono stati dati in gestione, senza alcun costo, ai privati (è il caso del reparto nella Fiera di Milano dato in gestione al San Raffaele e della clinica Columbus di Roma data in gestione al Gemelli): nessuno ha sollevato obiezioni in merito.

Questa situazione emergenziale ha palesemente smentito la cultura neoliberista secondo cui la sanità dovrebbe essere in pareggio e i presidi sanitari locali sono “aziende”. È contro ogni logica che un ospedale abbia un pareggio di bilancio. Alcune attività, a minor rischio e a maggior remunerazione, erano state date in esclusiva ai privati (con il concorso del capitale finanziario che gestisce le assicurazioni sulla salute e dello Stato attraverso i finanziamenti “in convenzione”). Il resto, quello che comporta rischi, oneri e costi (come i reparti di terapia intensiva) è rimasto pubblico. Il risultato è adesso sotto gli occhi di tutti. Nonostante questo non si sono levate proteste contro questa situazione che, già prima del coronavirus, aveva portato a una diminuzione della vita media in Italia (per il costo dell’attività di medicina preventiva, data in esclusiva ai privati).

La gestione disciplinare della pandemia è testimoniata dal fatto che ci siano stati molti più denunciati per il mancato rispetto delle prescrizioni di polizia che non contagiati dal virus, e decine di volte più controlli di polizia che non tamponi per rilevare il virus.

Prefigurare scenari non è facile in questa situazione, si hanno poche informazioni sul virus SARS-CoV-2, non se ne conosce l’effettiva letalità, non è prevedibile la durata della fase pandemica, non si ha neanche la certezza assoluta che il coronavirus non muti il proprio tracciato genetico per cui chi ne guarisce acquisisca l’immunità da successivi contagi.

Del resto, viene dato per scontato che “andrà tutto bene”. Se così non fosse? Se lo scenario che abbiamo davanti fosse del collasso del sistema sanitario? Se la pandemia travolgesse le strutture sanitarie, se i morti fossero decine di migliaia per l’impossibilità di fornire loro cure adeguate, cosa succederebbe?

Uno scenario di “Caporetto sanitaria” potrebbe rilanciare un pensiero che è serpeggiato nelle cancellerie di mezzo mondo ed è stato verbalizzato solo dal premier inglese, Boris Johnson, all’inizio della crisi in Gran Bretagna. Non fare nulla nel contrasto all’epidemia, lasciare che segua il suo corso, che la popolazione si immunizzi attraverso il contagio e che i più deboli muoiano. Dal punto di vista etico questa soluzione assomiglia all’eugenetica nazista ma, dal punto di vista del capitalismo neoliberista, è l’applicazione coerente dei propri dettami. Non aumenta la spesa pubblica per la sanità, anzi la riduce perché muoiono molti ammalati pluripatologici. Diminuisce anche la spesa pubblica per le pensioni, visto che muoiono gli anziani. Dati i tassi di denatalità, aumenterebbe il patrimonio individuale e il capitale disponibile. Mentre il resto del mondo sarebbe fermo per cercare di contrastare l’epidemia, il paese che avesse adottato questa strategia andrebbe avanti a pieno ritmo con i più giovani, più forti e meno pagati, ad occuparsi della produzione. A Boris Johnson è stato spiegato che una soluzione del genere avrebbe comportato, in Inghilterra, un milione di morti che hanno anche la caratteristica di essere padri, madri, consanguinei, partner ed amici dei suoi elettori superstiti che difficilmente avrebbero apprezzato la sua scelta, per cui ha fatto una precipitosa marcia indietro allineandosi alla gestione “carceraria” del resto d’Europa.

In una situazione in cui la realtà divenisse questa e in cui ci fosse l’esercito nelle strade e le persone recluse in casa, credete che non sia possibile che qualche governante decida di cavalcare l’onda? Attribuirebbe la colpa delle morti al governo precedente (o al destino crudele), manterrebbe il coprifuoco per evitare le proteste e poi riscuoterebbe il consenso dei sopravvissuti divenuti più ricchi (per le eredità di chi è morto) e in una situazione di boom economico.

Anche assumendo l’ipotesi che le strutture sanitarie reggano, che la fase pandemica si esaurisca, come in Cina, in un centinaio di giorni e che i contagiati non contraggano nuovamente il virus, è estremamente probabile che la pandemia si trasformi in un’endemia. La malattia rimarrà presente, con percentuali più alte in alcuni territori (come in Africa, dove si va progressivamente diffondendo) e più basse in altri (Europa compresa). In alcuni periodi e in alcune zone avrà nuovamente i numeri della diffusione epidemica e, periodicamente, assisteremo alla dichiarazione di “zone rosse”, con divieti di transito e di circolazione.

La presenza in maniera endemica del virus comporterà delle conseguenze immediate in termini di controllo sociale, con dei riflessi anche economici. Verosimilmente verranno messe in atto delle strategie di tracciamento degli infetti: qualora venisse rilevato un caso positivo, si procederà a tracciare tutta l’attività svolta dal soggetto nelle due settimane precedenti per controllare tutte le persone con cui sia stato, anche occasionalmente, a contatto.

Questo scenario da distopia fantascientifica è stato attuato durante la pandemia in Cina e in Corea del Sud. Gli smartphone, le tecniche di riconoscimento facciale (in Cina la Sense Time ha sviluppato un sistema per identificare anche le persone che indossano le mascherine), tutte le tracce digitali (pagamenti, servizi utilizzati, posti occupati in treno o in aereo, attività sui social) sono state utilizzate per individuare tutte le persone venute a contatto con il soggetto infetto nelle settimane precedenti e sottoporle a controlli obbligatori. Sono riusciti a individuare anche le persone che fossero state presenti nello stesso autobus preso da un soggetto positivo al virus.

Anche considerando i contagiati che non hanno sviluppato alcuna patologia e non sono stati rilevati, in Italia quanti immunizzati per aver superato la fase acuta del contagio potranno esserci? Un milione? Ne rimarranno almeno 59 milioni a rischio contagio da “proteggere”. Questa sarà la motivazione per l’adozione massiva di questi strumenti di controllo.

Non ci si illuda che ci possa essere una reazione popolare a questa gestione disciplinare dell’endemia. Gli stessi che oggi si scagliano contro chi va a fare una passeggiata da solo, domani saranno gli alfieri dello stato che traccia i suoi sudditi (“vuoi ritornare a farci stare altre quattro/sei settimane chiusi dentro casa?”).

Dal punto di vista economico questo significa che, all’interno del capitalismo dell’informazione (che, non dimentichiamolo, oggi esprime la maggior parte degli uomini più ricchi del modo), acquisirà maggior peso il “capitalismo della sorveglianza” che è quello cui si rivolgono oggi tutti i manipolatori di massa per individuare i meccanismi comunicativi più efficaci per i soggetti nel loro ruolo di consumatori, elettori, sudditi.

Ci saranno, per lo stesso motivo, forti limitazioni al movimento delle persone. Spostarsi da un paese all’altro o anche da una città all’altra, rappresentando una potenziale fonte di esportazione o importazione del contagio, verrà visto come un pericolo. Questo comporterà una conseguenza importante per il turismo e per tutti i settori collegati (trasporto aereo e marittimo, ristorazione, ospitalità, cultura). C’è un altro fenomeno, politico, conseguente a questo: l’affermazione che “gli immigrati portano il coronavirus”, nonostante l’evidenza che in Italia il contagio sia arrivato con un manager in business class, verrà percepita come vera per la probabile maggior presenza del virus negli stati più poveri e con un sistema sanitario assolutamente inadeguato al contagio.

Un altro settore economico che risentirà della situazione di endemia sarà quello che vede la presenza di tante persone insieme ed un rischio di contagio rilevante: concerti, discoteche, palestre, centri anziani, manifestazioni. Verrà probabilmente limitata fortemente la socialità di massa con richieste di autorizzazioni preventive, rigidi limiti massimi di affollamento, prescrizioni di vario tipo.

Oltre a questi aspetti specifici, ce ne sono alcuni di carattere generale, su cui il coronavirus si è innestato e su cui andranno sviluppati ragionamenti specifici.

Il primo è la sostanziale fine del processo di globalizzazione di cui la guerra commerciale tra USA e Cina, con l’imposizione dei dazi, ha rappresentato una delle espressioni. Il coronavirus probabilmente avrà una funzione catalizzatrice in questo processo: si limiterà ad accelerare quanto già in corso da un paio d’anni.

L’altro è la crisi dell’Unione Europea. Per sostenere che l’UE abbia ancora un senso bisogna avere parecchia fantasia. Dal punto di vista finanziario la presidente della BCE, Christine Lagarde, è riuscita nel difficile compito di far apparire Ebenezer Scrooge un filantropo. Dal punto di vista della solidarietà, l’unica azione compiuta dalla UE è stata l’autorizzazione ad aumentare i debiti degli stati per finanziare l’emergenza sanitaria. Ovviamente, immediatamente dopo la fine dell’emergenza, bisognerà rientrare in fretta nei parametri, probabilmente con la consueta manovra “lacrime e sangue”. Dal punto di vista del commerciale si è assistito alla sepoltura del mercato comune, con la pratica di sequestro delle mascherine in transito nei vari paesi europei. L’Unione Europea ha deciso di svolgere l’esclusivo ruolo di alibi per le scelte di politica economica dei governi nazionali abdicando a tutte le altre funzioni, ad eccezione di quella monetaria. L’impressione è che molti, anche tra i politici, si stiano interrogando sul senso di tutto ciò.

Infine la crisi economica. Era attesa proprio nella prima metà del 2020, le borse erano ai massimi ed il ciclo espansivo in alcuni paesi durava da troppo tempo. Le banche centrali, con i tassi al minimo da alcuni anni, non avevano più strumenti di politica monetaria per incentivare l’offerta e la situazione debitoria (di stati e privati) era risalita a livelli superiori a quelli precedenti la crisi del 2008. Il PIL di tutti gli stati era atteso in calo, in alcuni casi (come in Italia) già si era in recessione tecnica per la diminuzione del PIL per due trimestri consecutivi. Il coronavirus ha fatto esplodere la crisi.

La crisi economica, proprio perché strutturale e non congiunturale, proseguirà oltre il termine della pandemia e della successiva endemia. Molte persone torneranno al proprio posto di lavoro per vederlo chiudersi poco dopo. Alcune società, se la quarantena dovesse durare più a lungo del previsto, non riapriranno. Tante piccole attività, a conduzione artigianale o familiare, che già stentavano prima, chiuderanno direttamente.

Probabilmente la quarantena obbligatoria, la sospensione delle attività lavorative, lo smart working e la crisi verranno usati come scusa per chiedere prestazioni aggiuntive, sotto forma di straordinari non pagati, di diminuzione dei salari o di taglio delle ferie, ai lavoratori.

Le crisi portano sempre una concentrazione del potere economico. I piccoli spariscono, perché hanno margini minori di profitto e minor accesso al credito, e i grandi aumentano le proprie quote di mercato che tendono a mantenere nella successiva fase espansiva del ciclo economico. Questo sarà verosimilmente l’epilogo anche di questa crisi.

La crisi comporterà impoverimento, difficoltà di sostentamento e causerà anche delle vittime. Oggi vengono fatti i bollettini quotidiani per i morti da coronavirus. Credete che verranno fatti per i morti determinati dalla crisi economica?

Fricche

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