Da “El crimen de Chicago” di Ricardo Mella – traduzione di Lona Lenti
Con l’avvicinarsi del giorno caddero in un sonno profondo. Quando si alzarono si dedicarono a scrivere e a rispondere ai numerosi telegrammi che ricevevano da più parti. Engel, nuovamente visitato dal pastore metodista, ebbe con lui una discussione teologica. Fischer raccontò al suo guardiano di aver sognato la sua casa in Germania e di essere tornato all’età dell’infanzia, con tutti i ricordi dell’infanzia nel cervello. Intanto nel cortile erano state erette quattro forche e i carnefici provavano le nuove botole. La moglie di Parsons si presentò in prigione con i loro due figli e la signorina Holmes. Chiese a tutti un ultimo colloquio con il marito e tutti glielo negarono. Poi, vedendo i figli congelati dal freddo e con le lacrime agli occhi, pregò di portarli nella cella del padre, così che lui potesse dare loro l’ultimo bacio. Anche questo le è stato negato! Con decisione Lucy Parsons entrò nella prigione gridando: Uccidetemi con lui! La risposta fu quella di chiudere a chiave le due donne e i bambini in una stanza da dove fu loro detto che lo avrebbero visto presto. Le guardie carcerarie cercarono di convincere la signorina Holmes a riportare a casa la compagna di Parsons. E poiché protestò e si rifiutò, fu trattato brutalmente; tutti furono rinchiusi, anche i bambini, nelle celle dove rimasero fino alle tre del pomeriggio. La stampa borghese disse che i familiari di Parsons erano stati arrestati per oltraggio all’autorità e per aver arringato il popolo, assicurando che erano stati trattati molto bene, quando non fu loro offerto nemmeno un bicchiere d’acqua e ebbero anche la crudeltà di annunciare loro a mezzogiorno che tutto era finito. Intanto per i condannati era arrivato il momento fatale. Fischer cantò La Marsigliese e i suoi compagni risposero dalle loro celle cantando l’inno rivoluzionario. Alle undici e cinquanta minuti vennero a cercarli. I quattro si misero in cammino cantando La Marsigliese, che risuonò per le strade di Chicago, con un’eco funerea, come l’ultimo addio dato al mondo da coloro che stavano per sacrificare la propria vita per l’emancipazione del proletariato. . La vista del tetro patibolo non mosse minimamente l’animo sereno di Spies, Parsons, Engel e Fischer, i quali, pur non dimenticando le loro mogli e i loro figli, dedicarono senza esitazione il loro ultimo pensiero alla causa per loro così cara. Le ultime parole pronunciate dai nostri compagni sono state:
Spies: Verrà il tempo in cui il nostro silenzio sarà più potente delle nostre voci che oggi soffocate con la morte!
Fischer: Hoc die Anarchie! Engel: Evviva l’anarchia!
Parsons, la cui agonia fu orribile, riuscì a malapena a parlare, perché subito il boia strinse il cappio e fece cadere la botola. Le sue ultime parole furono queste: Si ascolti la voce del popolo!