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Giovanna Marini e il grande racconto della vita

Giovanna Marini e il grande racconto della vita

Alla mattina appena alzate” risuonano le parole di Bella ciao delle mondine nel ricordo vivo di Giovanna Marini venuta a mancare a Roma nel mese di maggio a sessant’anni circa dallo scandalo al Teatro Caio Melisso durante il Festival dei Due Mondi a Spoleto e a cinquant’anni dalla fondazione nel 1974 della Scuola Popolare di Musica di Testaccio. Era il 1964, infatti, quando Giovanna insieme a Caterina Bueno, Giovanna Daffini e ad altri lanciarono la storia di “Bella Ciao” a Spoleto, Festival di musica classica e occasione mondana. Nello spettacolo spiccarono i versi cantati di O Gorizia tu sei maledetta con “Traditori signori ufficiali / che la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / e rovina della gioventù”, un atto di dissidenza antimilitarista che sfociò in una tempesta all’interno del teatro accompagnato da un lancio di sedie dal loggione, evidente reazione antifascista in un paese del dopoguerra tutt’altro che pacificato e che, nonostante il canto fosse nel programma del festival, costò agli interpreti la denuncia per vilipendio alle forze armate.
Musicista e compositrice già alla fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, Giovanna cominciò a lavorare suonando in un gruppo di musica rinascimentale e la chitarra classica nelle feste degli intellettuali a Roma, dove conobbe Pier Paolo Pasolini che le cominciò a parlare della cultura orale delle canzoni, che prima di essere scritte sugli spartiti erano cantate nelle piazze.
Ha frequentato Italo Calvino, Roberto Leydi, Gianni Bosio e Diego Carpitella, Sandra Mantovani, Fausto Amodei, i Cantacronache prima, e a Milano ha partecipato al “Nuovo Canzoniere Italiano” imparando dal canto contadino di Giovanna Daffini l’emissione vocale e il primo repertorio di canto orale. Ha cantato con tanti gruppi, cantori e cantastorie tra cui Ivan Della Mea, Gualtiero Bertelli, Paolo Pietrangeli, il Gruppo di Piadena, i Pastori di Orgosolo; dal poeta Peppino Marotto ha imparato l’arte del racconto, dell’improvvisazione e con l’Istituto Ernesto De Martino, a Torino, ha portato avanti la raccolta, lo studio, la trascrizione e l’arrangiamento dei canti di tradizione orale creando anche un sistema di notazione musicale, un patrimonio di memoria cantata che ha portato poi sui palcoscenici.
Erano gli anni inoltre del Canzoniere del Lazio, della cantina romana del Folk studio dove Giovanna si esibirà in principio suonando Bach per continuare poi con i canti di guerra, friulani e i canti dell’Abruzzo. Qui conoscerà Pete Seeger, fondatore con Woody Guthrie degli Almanac Singer, protagonista del folk revival americano e allora cantore di temi più attuali come il pacifismo e l’antimilitarismo. Incontrerà spesso Pete anche durante il suo viaggio in America dove Giovanna si recò al seguito del marito ed è stata la sorella di Pete, Peggy, suonatrice di banjo, ad insegnarle Lady Carlisle uno tra i brani del suo disco omonimo in cui ha inciso canti popolari inglesi e americani.
Tornata in Italia aveva acquisito nuovi strumenti per raccontare storie tra cui il talking blues, tra il parlato e il cantato (antesignano del rap e dell’hip hop) che ha rielaborato nella ballata Vi parlo dell’America edita dai Dischi del Sole nel 1967 in cui contestava la Chiesa, criticava la proprietà privata, l’american way of life.
Sono gli anni del Canzoniere Internazionale, dei canti anarchici curati nell’Antologia della canzone libertaria italiana (1864-1969), gruppo nato a Roma nella sede sita in uno scantinato di via La Spezia composto da musicisti e cantanti che si sono avvicendati tra cui vanno ricordati Leoncarlo Settimelli , Roberto Ivan Orano, Adria Mortari, Luciano Francisci, Elena Morandi, Luca Balbo, Gloria Diotallevi, Luciano Sabba, Dodi Moscati.
Ed è dunque fin dagli anni Sessanta che Giovanna Marini si è appassionata alla musica di tradizione orale spesso irta di regole armoniche e contrappuntistiche, uno spessore culturale e musicale con discanti, organum e altre forme primitive polifoniche decantate nei libri di storia della musica e ancora vive e cantate, da esplorare, conservare e restaurare qualora fosse necessario; una ricerca e affezione quella di Giovanna che ha coinvolto anche numerose generazioni di allievi. I diversi linguaggi e lingue, messi nella sua musica, diventano un altro linguaggio e con questi linguaggi si aggiunge il racconto attraverso tutti i suoi linguaggi, diversissimi tra loro, componendo il grande racconto della vita. La musica orale è volatile e porta in sé i valori della musica anche classica che è scritta e successiva al canto popolare. Di questa tradizione fa parte anche la poesia a braccio tra cui quella dei Pastori di Orgosolo che, negli anni Sessanta, cantavano contro la guerra nel Vietnam, delle contese tra il povero e il ricco eccetera, poemi con otto endecasillabi per parte, con rime obbligatorie proprie anche della letteratura scritta. Dei canti di tradizione orale fanno parte i canti contadini, di lotta, di tradizione sacra e profana, i canti di lavoro e Giovanna ha girato l’Italia in lungo e in largo facendone anche materia di insegnamento in Francia all’Università di Parigi VIII-Saint Denis e poi alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio dove ha insegnato fino alla fine con i Corsi di Estetica del Canto Contadino e di Coro, Inni e Canti di lotta.
Giovanna era nata a Roma nel 1937 da una famiglia di musicisti e fin da piccola, come da tradizione, fu iscritta al Conservatorio di Santa Cecilia oltre a seguire una formazione scolastica classica in Italia e in Inghilterra. Fin da subito si dimostrò curiosa all’esplorazione, allo studio e alla ricerca musicale. Abbandonò infatti il pianoforte e scelse, per diplomarsi, il corso sperimentale di chitarra classica. Si specializzò all’Accademia Chigiana con Andres Segovia e il progetto più recente del Quartetto vocale ha racchiuso un po’ tutte le esperienze musicali di Giovanna Marini, dalla ricerca sui canti di tradizione orale all’insegnamento, dalla composizione strumentale e vocale alla scrittura individuale e collettiva. Ha collaborato molto per il teatro e tra gli altri ha lavorato con Dario Fo e Ascanio Celestini, per opere liriche e greche, ha composto colonne sonore di film, passando per il Sento il fischio del vapore con De Gregori fino alla raccolta del 2017 Ed un pensier ribelle in cor ci sta, due secoli di storia d’Italia cantata. Il titolo di quest’ultima importante raccolta è tratto dal canto Stornelli d’esilio di Pietro Gori e contiene numerosi canti anarchici come Addio a Lugano, Inno del Primo Maggio sulle note del Nabucco di Verdi, Figli dell’Officina, Inno dei malfattori, O Gorizia e altri e il cofanetto è chiuso con Ama chi ti ama, corale e sempre attuale. I canti anarchici hanno avuto sempre uno spazio di rilievo nel repertorio di Giovanna Marini che, in generale, divideva il canto politico in Invettive, Inni, Cantastorie e Racconti.
Andava in giro “con un orecchio da avvoltoio” poiché dovunque andasse, portava il registratore: andava a cantare e intanto registrava.
Negli anni Settanta ha viaggiato per l’Italia con il camper esibendosi nei numerosi neonati locali dei circuiti alternativi che nascevano anche nei piccoli paesi della provincia valorizzando i canti politici, sociali, di lavoro, la musica e la cultura operaia e contadina, avviata con le sue ricerche sul campo nelle fabbriche dove Giovanna, oltre ad esibirsi, registrava per poi provvedere a tutto il lavoro di trascrizione, diffusione, incisione e conservazione. Tra i canti emerge Partono gli emigranti di Alfredo Bandelli, la cantata Chiesa Chiesa, una critica all’istituzione della Chiesa e la ballata I treni per Reggio Calabria del 1973 dove Giovanna nella composizione ha raccontato un fatto di cronaca di quegli anni.
Il Lamento per la morte di Pasolini, scritto alla fine degli anni Settanta, è composto sul tema melodico di un canto religioso di una frazione di Teramo raccolto nel 1965 ed è nella Scuola Popolare di Musica di Testaccio che Giovanna potrà insegnare a modo suo l’alfabetizzazione musicale, usando i canti dei contadini e potrà coniugare gli studi in conservatorio con quelli dei canti di tradizione orale.
Ed è nell’esperienza della Scuola Popolare di Musica di Testaccio che nasce la produzione per il Quartetto vocale che darà vita alla composizione di nuove opere alternando di volta in volta le voci secondo le specifiche qualità timbriche di Clara Murtas, Patrizia Bovi, Francesca Breschi, Patrizia Nasini, Tata e Annalisa Di Nola, Lucilla Galeazzi, Maria Tommaso, la figlia di Giovanna, Silvia Marini.
Con il quartetto Giovanna ha avuto diverse tournée in Francia dove ha avuto anche la cattedra all’Università di Parigi S. Denis e nel 1990 è stata importante, nella produzione del Quartetto Vocale, la Cantate profane à quatre voix commissionata dal Thèâtre de la Bastille con rielaborazioni di canti tradizionali in cui le voci si fanno forzate verso l’acuto tipico del canto contadino, e brani originali.
La poetica di Giovanna pertanto è intrisa di ricerca estetica musicale e racconto del presente dove la rappresentazione e la riflessione sulla realtà hanno l’obiettivo di prestare la voce a chi non ce l’ha e alle lotte dal basso. Attraverso i canti propri della tradizione orale Giovanna, di volta in volta, ci accompagna nelle fatiche di chi ha lottato per la libertà e di chi ancora lotta per un mondo più giusto. L’estetica musicale in tale circostanza non è puro esercizio di stile poiché mette in connessione il passato con la realtà attuale, una trama tra memoria e presente che svela sempre nuove storie da raccontare. Dice di sé Giovanna in un’intervista: «Io adesso ho una tabacchina che mi racconta tutte le lotte combattute dalle tabacchine, di cui ignoravo la storia. C’è stata quella contro la tassa sul macinato, ed erano le donne a battersi. Ora la devo intervistare, riparto con questo nuovo personaggio e con queste nuove storie. Perché non si finisce mai».

Norma Santi

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