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Veganarchismo

Veganarchismo

Che la lotta antispecista sia una lotta per la libertà e non solo e meramente a difesa degli animali (che poi lottare per la difesa animale non ha alcun significato se non con tutta una serie di “se” e “ma”) è chiaro a tutti, e negarlo significa solo essere in malafede.

Ho cercato di spiegarlo attraverso una serie di articoli che ho pubblicato su questa rivista anarchica e, in modo forse ancora più chiaro, nell’ultimo articolo “Anarchici e anarchiche, vi stiamo parlando della lotta di classe!” pubblicato il primo ottobre scorso.

Inoltre che Umanità Nova, in maniera assolutamente intelligente, abbia deciso di ospitare la posizione antispecista è un chiaro segno del linguaggio che parlano il presente e il futuro dell’anarchismo, e non solo italiano. Infatti l’antispecismo, che a me piace più chiamarlo veganarchismo, non si limita a considerare preminente la liberazione animale come unica prospettiva di lotta, ma rappresenta forse la più alta forma di visione libertaria ad oggi mai espressa: la libertà, lo voglio ancora ribadire, o è per tutti o non è libertà. Considerare la libertà tale solo perché è appannaggio della sola specie umana è come dire che un carcerato è libero perché può godere della sua ora di libertà.

Ecco perché c’è bisogno di veganarchismo, perché ci sono ancora milioni di soggetti sfruttati e miliardi di sfruttatori. E com’è strano parlare legittimamente di padroni facendo riferimento a quell’1% di ricchi che sfrutta il restante 99% (solo in termini umani, ovviamente), e non rendersi conto che invece nello sfruttamento delle masse popolari e proletarie non umane i padroni sono, in termini di potenza, molto di più. Non è forse questo, anche solo in riferimento agli umani, legittimare l’esistenza dello sfruttamento?

Così, se davvero il mondo si divide tra sfruttati e sfruttatori, risulta operazione difficoltosa non considerarsi come sfruttatori se ci si pone da un angolo visuale a noi molto vicino: quello che permette di vedere come i soggetti non umani sono materiale e strumenti utili ad accrescere il capitale umano. E questo, mi pare abbastanza ovvio e negarlo mi porrebbe in una posizione di assoluta contraddizione, anche laddove si sventoli una bandiera rosso-nera e si legga con profonda passione Malatesta.

Ebbene sì, lo sfruttamento animale altro non è che l’ovvia estensione del capitalismo, ossia di quel sistema economico che mercifica e strumentalizza qualsiasi cosa serva ad aumentare la propria ricchezza. Nulla di più ovvio.

Diventa chiaro dunque che appoggiare la lotta veganarchica significa lottare contro il capitalismo, appunto perché lo sfruttamento animale è solo uno degli aspetti delle strutture gerarchiche e gerarchizzanti del sistema contro cui si lotta. Difficile infatti non riuscire vedere come c’è una grossa linea che unisce lo sfruttamento dei proletari umani ai proletari animali non umani, o come lo sfruttamento dell’ambiente è il medesimo, che si tratti delle multinazionali dell’energia o del disboscamento necessario per lo sfruttamento animale – infatti basti dire che tutto il mercato globale di sfruttamento animale è la maggiore causa di rilascio nell’atmosfera di gas a effetto serra e climalteranti, oppure basti considerare lo spreco di ricchezze naturali come acqua e suolo necessarie per mettere un hamburger nel panino. Così, dunque, è fondamentale capire che la lotta per la liberazione umana è strettamente interconnessa con la lotta per la liberazione totale e che perciò unisce i lavoratori dell’ILVA agli animali nei macelli e negli allevamenti, passando per la lotta dei Mapuche e la lotta contro il TAP nel Salento, contro il TAV in Val di Susa e per la difesa della Hambacher Forest portata avanti dai compagni e dalle compagne in Germania.

Per questo credo sia fondamentale non limitarci a scrivere e pubblicare articoli e prese di posizioni, ma piuttosto penso sia necessario organizzare uno o più incontri per discutere di questo, del presente e del futuro dell’anarchismo e del senso che vogliamo dare alla parola libertà. Perciò lancio un serio appello a tutti quei compagni e tutte quelle compagne interessati/e a questo percorso, veganarchici o meno, per provare a discuterne a voce, guardandoci in faccia, in maniera diretta, in un incontro che potremmo provare a organizzare nelle prime settimane del 2018.


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