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Padroni al Lavoro: la workfare society dello sfruttamento

Padroni al Lavoro: la workfare society dello sfruttamento

Workfare o work for welfare significa letteralmente lavorare per ottenere un beneficio: la concessione di forme di integrazione al reddito sono vincolate a prestazioni lavorative.

– Nell’ Italia neoliberista, nazionalista, fascista e sessista, il “povero”, sinonimo di proletario, è il lavoratore che dal 2005 al 2021 ha perso sino al 48% del reddito: per lo più i giovani entro i 35 anni del Centro-Sud, le donne e gli “stranieri”, i mai occupati, disoccupati, i working poor della logistica e dei servizi, i precari; essi sono l’esercito industriale di riserva della “Nuova Società del Workfare” necessario alla Sviluppo, per lo più al servizio della piccola e media imprenditoria anche commerciale e proprietaria, che da sempre richiede il maggior schiacciamento possibile del costo del capitale umano onde sostenere la concorrenza laddove è incapace di “innovazione” poiché non investe parte dei profitti preferendo accumulare gli utili netti. Resta inteso che rifiutando lavoretti in nero a 3-4 Euro all’ora tu confermi che il povero-sfruttato è colpevolmente ozioso.

– La “Workfare Society” abolisce il mutualismo istituzionalizzato del Welfare imposto dai cicli delle lotte proletarie del ‘900 sostituendolo con la auto-responsabilità meritocratica individuale, il ricollocamento forzato-punitivo nel mercato del lavoro con le nuove norme per i disoccupati, la flat tax, la deregolamentazione del mercato del lavoro, la soppressione del “sociale e collettivo” a favore della Famiglia nucleare (*), la ridistribuzione del reddito per l’evaporato ceto medio.

– Quando un disoccupato riesce a percepire il magro e di breve durata sussidio ed al contempo deve accettare orridi lavori a tempo sottopagati e senza contributi sociali, vuol dire che viene obbligato, forzato al lavoro da un dispositivo disciplinare totalizzante che taglia al contempo drasticamente il prezzo della sua forza lavoro. Non si ha più alcun potere negoziale verso il padrone, reso libero di fissare salario ed orario; prigionieri del lavoro, ciclicamente utilizzati in lavoretti dequalificati con brevi contratti a termine: così si crea l’esercito di manodopera di riserva. Si disciplina il capitale umano ottimizzando capitalisticamente il mercato del lavoro: la domanda padronale regola l’offerta proletaria e l’offerta è superiore alla domanda (**). Una “domanda” di competenze lavorative richieste dalle imprese che rimarrebbero inevase per carenza di formazione: ovviamente sempre per colpa dei disoccupati e precari dalle capacità inadeguate o dalle eccessive pretese, come si lagnano nel commercio, nella ristorazione, nell’alberghiero e nei balneari, nella Grande Distribuzione Organizzata; è il mantra della Confindustria: il presunto disequilibrio tra domanda ed offerta, in Economia definito mismatch, in una società di poveri assoluti: disoccupati, de-occupati, pre-pensionati, precari, famiglie numerose, donne ed anziani. “Attivatevi per cercare lavoro!” predicano Confindustria, governo e media.

Il Neoliberismo necessita di accentuare le diseguaglianze sociali e le disparità di reddito all’interno della scomposizione della classe lavoratrice e dell’intera stratificazione sociale, poiché sono parte essenziale dell’economia di mercato e degli incentivi economici di cui abbisognano gli investimenti ed il cosiddetto sviluppo: quindi reddito e welfare sono nemici della crescita economica, dell’aumento dei profitti. Il capitalismo è sempre corrosivo e distruttivo, la sua economia insostenibile. L’aumento delle diseguaglianze, sinonimo di ingiustizie, è il principio che regola ogni deregulation, iniziata con la metà degli anni ‘70 e poi per tutti gli anni ‘80 affermatesi con la globalizzazione, che vide in pole position la Gran Bretagna della Sig.ra Thatcher e gli USA di Reagan. E’ la lotta di classe dal punto di vista dei padroni, il cui vertice è l’ oligarchia del denaro rappresentata dagli 85 multimiliardari globali che possiedono una ricchezza pari ai 3,5 miliardi di persone che sono la popolazione più povera del mondo (fonte: Rapporto Oxfam-Davos)

– Con la nuova e diffusa precarietà sociale la casta capitalista persegue ed amplia le separazioni di classe, genere e “razza”. La Workfare Society ha così la necessità di inventare una nazione, con il suo popolo identitario, laborioso ed obbediente. Ed un nemico alle porte. Nella propaganda-fake di regime la difesa degli interessi della stato e l’identità della nazione, dell’etno-nazionalismo inizia dallo spettro del suicidio demografico, il rimpiazzo della popolazione con “gli islamici ed i negri” causato dall’invasione dei migranti e dal femminismo suprematista, l’assedio del multiculturalismo. Bisogna quindi produrre più figli, abolire l’aborto e spossessare le donne del corpo e della libertà: “poter partorire è un privilegio cui non si deve rinunciare in nome di una mal interpretata lotta per l’emancipazione”, così Vox ed i Comitati pro-vita, i Focolarini, Fratelli d’Italia. “ Per essere felici non abbiamo bisogno di avere figli, non partoriremo per nessuno stato” è la risposta dei movimenti di emancipazione e liberazione che attraversa l’Europa.

– Incentivare xenofobia e razzismo, introdurre la pianificazione familiare, ripristinare la eteronormatività e guai alle persone LGTIBQ+, promuovere il lavoro basato sulle differenze di genere sono le politiche familiste anti egualitarie. E’ l’erosione, la cannibalizzazione delle condizioni del proletariato per mezzo della paura: come in Italia, Ungheria, Polonia ed anche nella Ucraina prossimo membro della Comunità Europea.

Roberto Brioschi

(*)La famiglia nucleare è formata dai genitori biologici e dai figli, collocata alla base della piramide sociale svolge funzione gerarchica-riproduttiva.

(**)Non a caso sin dalla scuola dei padroni si insegna agli studenti-proletari che il lavoro è necessario e gratuito, persino formativo, laddove financo la morte diventa una possibilità insita nel ciclo. Questo è quello che davvero si intende per “libertà di insegnamento”.

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