Le operazioni ucraine in territorio russo e il mito della guerra difensiva
Se qualcuno avesse ancora avuto dei dubbi sulla rovina che la guerra rappresenta per le classi oppresse e sfruttate di tutto il mondo, avrà sicuramente avuto negli ultimi mesi occasione di vedere il vero volto della guerra.
Vediamo le vittime delle stragi compiute dagli eserciti di occupazione, i bombardamenti sulle città, i missili sui mercati, sugli ospedali, sulle scuole, che in diverse aree geografiche si ripetono come se i piani dei governi fossero ovunque gli stessi, come se la brutalità dello stato avesse sempre gli stessi obiettivi, come se la guerra fosse sempre innanzitutto contro i civili. Ma non è solo questo, e non solo perché sul piano dello scontro militare avvengono cose meno visibili, che spesso non appaiono sui media. C’è anche un’altra questione che spesso dimentichiamo perché viviamo immersi nella propaganda. Ogni esercito, ogni stato definisce santa o giusta la guerra che conduce. In questo a volte la propaganda dei governi oltre a convincere una parte dei propri cittadini, convince anche tanti che non vivono nel paese in guerra. Così che molte persone, in ambiti anche molto diversi, ritengono giusto combattere una guerra, anche se vivono a migliaia di chilometri di distanza.
Ma anche una guerra di difesa, come può essere giusta? L’aggredito può vincere solo se si trasforma in aggressore, da invaso in invasore. Qualcuno può dire “À la guerre comme à la guerre”, così gira il mondo. Certo, il problema è proprio questo, la guerra non può portare in altre direzioni. Forse se il mondo gira così bisognerebbe pensare a cambiarlo. Questo è chiaro anche nella guerra tra Russia e Ucraina, di cui ultimamente si è tornati a parlare molto.
Lo scorso 10 settembre le forze armate russe hanno avviato una controffensiva nell’oblast di Kursk volta a riconquistare i territori finiti sotto il controllo delle truppe ucraine dal 6 agosto, quando queste erano penetrate nel territorio della Federazione russa con una massiccia operazione.
Per diversi commentatori, il “saliente di Kursk”, ossia l’area di proiezione creata dall’offensiva delle forze armate ucraine in territorio russo si potrebbe trasformare presto in una sacca in cui la parte più avanzata delle posizioni ucraine si troverebbe isolata e costretta a ritirarsi. Qualunque siano gli esiti sembra che gli scontri su questa parte del fronte abbiano assunto un particolare significato.
Da quando l’operazione è iniziata si sono succeduti commenti e analisi di ogni tipo, spesso anche contraddittorie. Come spesso accade in questi casi si può leggere tutto e il contrario di tutto: da chi, soprattutto all’inizio, salutava l’offensiva ucraina come un primo segnale di rovesciamento delle sorti del conflitto, a chi la giudicava più dannosa che altro per l’Ucraina. Convinzione, quest’ultima, che si è affermata in particolare nelle ultime settimane. Per molti rimane difficile da spiegare questa iniziativa delle forze armate ucraine che avrebbe esteso la linea del fronte costringendo a sottrarre forze da altri settori, in un momento in cui peraltro pare conclamato che dal lato ucraino le truppe scarseggino. Per comprendere qualcosa forse può aiutare uscire dalla ristretta dimensione da “risiko” in cui si rischia di cadere osservando solo fatti militari. Inserire questi eventi nel contesto politico generale può dare ulteriori strumenti di comprensione. Le notizie sui colloqui di pace a inizio estate, la discussione – che si è riaccesa da agosto – sulla consegna delle armi a lungo raggio all’Ucraina da parte di paesi NATO e UE e sul loro uso in territorio russo, le elezioni presidenziali negli USA e la situazione politica in Francia e Germania. Sono solo alcune delle questioni che compongono il quadro.
Tuttavia, anche per gli strumenti ridotti che abbiamo, non è sicuramente su queste pagine che possiamo tentare una ricostruzione degli eventi, né ci interessa concentrare su questo la nostra lettura.
Ci sono invece delle questioni di carattere più politico che dal nostro punto di vista specifico è importante evidenziare. Indubbiamente dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa nel febbraio 2022, l’offensiva ucraina nell’oblast di Kursk ha per la prima volta portato la guerra in territorio russo. Qua si pone dunque la questione della sorte delle persone che abitano le zone che l’Ucraina controlla fuori dai propri confini. Abbiamo letto che ci sono state evacuazioni di centri abitati sia organizzate dai russi di fronte all’avanzata ucraina sia dagli ucraini quando è iniziata la controffensiva russa. Ma la cosa più significativa è che quella ristretta parte dell’oblast di Krusk invasa dalle forze armate ucraine è soggetta da ormai più di un mese ad occupazione militare. Non sappiamo in quale modo le forze armate ucraine mantengano il controllo sulla zona e sulla popolazione rimasta, ma si tratta comunque di una occupazione militare.
Certo, non è niente rispetto all’occupazione che le forze armate russe impongono in varie regioni dell’Ucraina da anni, e per il momento non ci sono notizie di particolari efferatezze compiute dalle forze armate ucraine dell’oblast di Kursk. Ma il punto è un altro. Se si sceglie la via della guerra non ci sono vie d’uscita, o si perde, o ci si trasforma in invasori, occupanti e oppressori. Noi seguiamo la strada della liberazione sociale, e questa strada non passa dagli eserciti, perché le guerre sono sempre vinte solo dagli stati e mai dai popoli, dalle sfruttate, dalle oppresse. Per questo ci opponiamo alla guerra, alle basi militari, alla produzione e al commercio di armi, cerchiamo di sostenere i disertori di tutti i fronti, di tenere vive le forme di solidarietà che sono dilaniate dalle guerre degli stati, di costruire reti di mutuo appoggio che possano dare nuovo spazio ai movimenti di base e nuovo slancio a una prospettiva rivoluzionaria.
Dario Antonelli