Elezioni e Rivolte

Quello che vien detto in Italia il “popolo della sinistra” in Italia è decisamente colpito dall’avanzata elettorale di una destra sempre più agguerrita e di giorno in giorno più radicalizzata in senso neofascista, di cui – di là di qualunque altro aspetto critico – l’atteggiamento avuto in parlamento verso la “mozione Segre” è stato un ulteriore segnale vissuto con estrema preoccupazione. Allo stesso tempo, il resto del mondo sembra andare in direzione opposta e contraria – una volta tanto nella direzione di quelle che un tempo erano le idealità di quello stesso popolo della sinistra italico, oggi impaurito e sostanzialmente inerte, salvo in alcune suoi componenti maggiormente attive. Affrontiamo separatamente le due questioni.

Partiamo dalla questione umbra che, a nostro avviso, non è dissimile dalla situazione venutasi a creare con le elezioni europee di pochi mesi fa e che abbiamo già commentato su queste pagine:[1] unica differenza, questa volta c’è stata una diminuzione del tasso di astensione. Ancora una volta, però, l’idea di odiosi partiti che godono del plauso della maggioranza degli italiani cade di fronte appena si fa entrare in gioco il solito convitato di pietra sottaciuto da tutti, quell’astensionismo che, sebbene stavolta in calo, fa pur sempre la differenza nel comprendere le effettive dinamiche di preferenza (di ciò che si ritiene meglio o spesso meno peggio). Il 57,55% del centrodestra, in realtà, rappresenta il 37,22% degli umbri: tenendo presente che mai come questa volta il voto era vissuto dal popolo della sinistra come voto “emergenziale” per difendersi dall’avanzata di una destra radicale, per non dire fascista, quel 24,24% di voti reali ottenuti dal centrosinistra sono stati faticosamente strappati all’astensione. Infatti, solo il 66,40% degli elettori PD hanno riconfermato il loro voto e, soprattutto, solo il 39,8% degli elettori pentastellati hanno nuovamente votato grillino: in entrambi i casi, poi, la gran parte dei voti perduti sono andati all’astensione e solo in minima parte alle varie anime del centrodestra.[2] Insomma, ancora una volta la gran parte degli italiani ha mostrato di non riconoscersi in nessuna formazione che ambisce al potere politico: pertanto, l’ipotesi che l’astensione od il voto strappato dalla paura della destra sia la scelta maggioritaria in cui trovare oggi il “popolo della sinistra” è oramai sempre plausibile. Insomma, il “popolo della sinistra” non vota.

Ovviamente, una piccola (forse però non minima) parte di esso lo fa per cosciente presa di posizione astensionistica di principio di stampo libertario, la gran parte lo fa solo perché è letteralmente schifato del comportamento dei partiti di sinistra che si mostrano nei fatti come partiti di destra travestiti. In pratica, hanno cominciato a capire che l’identità politica è come quella sessuale: non conta quello che dici di essere, la tua effettiva identità è in ciò che fai. In pratica, evidentemente ora non si accontentano più di sentirsi “dire qualcosa di sinistra”… Il che non significa che abbiano l’intenzione di starsene a casa, anche se il gioco elettorale ha l’effetto non secondario, almeno sul breve periodo, di “demoralizzare le masse” come si sarebbe detto un tempo. Il gioco elettorale, infatti, è proprio questo: allontanare le masse popolari dall’azione diretta con la quale costruire da se stesse condizioni di vita migliori, illuderle di poter risolvere in maniera delegata almeno una parte dei propri problemi, demoralizzarle con la disillusione che giunge sia in caso di “vittoria” sia in caso di “sconfitta”.

In ogni caso, oggi assistiamo in luoghi altri dall’Italia – centro e sud America, nord Africa, Asia – a rivolte popolari di enorme portata: una situazione apparentemente del tutto diversa dalla nostra sostanziale acquiescenza, anche tenuto conto dell’attuale fase di di demoralizzazione che abbiamo analizzato in precedenza nella sue cause. Qualcosa però, a ben pensarci, queste rivolte si presentano in contesti nazionali che hanno qualcosa in comune con l’Italia di oggi: le elezioni, negli anni scorsi, hanno consegnato il potere a figuri talvolta anche peggiori di quelli che ritroviamo nelle elezioni umbre.

Facciamo un esperimento mentale. Supponiamo di essere uno scienziato sociale di un altro pianeta che deve studiare le dinamiche politiche di noi terrestri ma, purtroppo, è costretto a basarsi esclusivamente sull’immagine che il gioco elettorale restituisce dei rapporti di potere interni: sarebbe incapace di spiegarsi molti movimenti e rivolte popolari di enorme portata, ci vedrebbe come una sorta di schizofrenici politici. Infatti, che il gioco elettorale ci dica ben poco sulle dinamiche interne, soprattutto quelle sotterranee, di una società anche dalle nostre parti ce lo dicono i risultati delle elezioni del 1968[3] o del 2001:[4] i più vasti movimenti di massa italiani si sono svolti all’interno di una dinamica elettorale del tutto paragonabile – specie il 2001 del movimento no global – al presente.

Un fenomeno, questo della indipendenza sul medio lungo periodo tra risultati elettorali e lotte sociali, che si riscontra anche in altre dinamiche di lotte sociali più circosritte. Prendiamo ad esempio l’ineffabile Matteo (Renzi) che alle elezioni europee del 2014, presentandosi come “rottamatore” ebbe un vero e proprio plebiscito, con il 40,8% dei voti espressi. Notoriamente, specie cinque anni fa, gli insegnanti erano un bacino elettorale molto forte del PD, per cui è presumibile, anche se non ho trovato dati in merito, che all’interno di quello specifico settore di elettori il risultato all’epoca sia stato pressoché plebiscitario, molto maggiore del 40,8% che ebbe in media. Dopo nemmeno un anno, quello stesso corpo insegnante mise in piedi contro di lui il più grande sciopero mai avvenuto in tutta la storia d’Italia della categoria, uno sciopero di tale porta che giunse quasi a fargli ritirare il progetto di legge detto ironicamente la “Buona Scuola”. Solo l’intervento della Confindustria ricondusse lui ed il parlamento sulla “retta via”.[5]

Per concludere, qual è la nostra strada in un momento di demoralizzazione? Quella di entrare in questo mondo carsico, sotterraneo, tornare ad agire nel sociale, sui bisogni delle persone. Come dissero i black bloc statunitensi dopo l’11 settembre – momento di demoralizzazione delle masse come non mai nel mondo occidentale – ora più che fare manifestazioni, è il momento di parlare con il tuo vicino.

Enrico Voccia

NOTE
[1] VOCCIA, Enrico, “Lo Sfacelo Secondo i due Mattei”, in Umanità Nova, n. 18, 9 giugno 2019, pp. 1-2.
[2] https://it.m.wikipedia.org/wiki/Elezioni_regionali_in_Umbria_del_2019; https://www.ilmattino.it/primopiano/politica/elezioni_umbria_2019_risultati_definitivi_preferenze_percentuali_partiti_news_lega_m5s-4828264.html
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_politiche_italiane_del_1968
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_politiche_italiane_del_1968
[5] https://boscoceduo.it/questa-buona-scuola-sha-da-fare-perche-dove-ce-barilla-ce-scuola/

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