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Brandizzo. Dietro una strage operaia.

Brandizzo. Dietro una strage operaia.

Cinque persone sono morte per 750 euro di subappalto. Dovevano fare due saldature (200 euro ognuna) e sistemare, rimpolpando anche la massicciata, sette metri di binario (50 euro al metro). Secondo il padrone, gli operai erano pagati 25 euro lordi l’ora per un’ora e mezza di lavoro. In realtà, da contratto, prendevano meno della metà. Cinque operai sono morti per 18 euro lordi di salario e 658 euro di profitto da dividere tra CLF (appaltatrice di RFI) e Sigifer (subappaltatrice di CLF).

Si trattava di manutenzione ordinaria non programmata, cioè quella che Reti Ferroviarie Italiane deve fare quotidianamente per garantire la funzionalità dei binari.

E già qui uno qualche domanda dovrebbe farsela. Perché, per un’attività ordinaria e quotidiana, un ente interamente pubblico (RFI è di proprietà dello stato ed è, con questo governo, gestita dal ministro Salvini che si è ovviamente guardato bene dal far notare le sue responsabilità) dovrebbe ricorrere ad appalti esterni?

La risposta che viene data in questo caso è banale quanto falsa: per risparmiare.

E’ una scelta fatta da Mauro Moretti (sì, proprio quello della strage di Viareggio) e confermata da tutti gli amministratori delegati che si sono succeduti nella carica. Si stima che ci siano 10.000 operai che lavorino in appalto e subappalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria di RFI.

Che la motivazione del risparmio sia falsa appare evidente dalla differenza tra il costo della commessa (750 Euro) e il costo effettivo del lavoro dichiarato (187,5 Euro).

Lasciamo per un attimo perdere il solito discorso sul malaffare negli appalti pubblici. E’ evidente che c’è. Agli appalti di RFI partecipano sempre le stesse 15 imprese, talvolta consorziate tra loro come ATI (Associazione Temporanea d’Impresa), e che spesso sono le uniche partecipanti per i singoli lotti d’appalto dove l’aggiudicazione avviene al prezzo di base d’asta e con un ribasso minimo o nullo. La CLF, che ha vinto il lotto d’appalto da 260 milioni di euro per la manutenzione delle linee, poi ha subappaltato, come fanno tutte le altre imprese appaltatrici, i lavori con un minor utilizzo di macchinari ed un maggior utilizzo di manodopera ad altre ditte come la Sigifer. Su lavori del genere, se deve prendere il proprio profitto l’appaltatore prima ed il subappaltatore poi, è evidente che chi ci rimette è l’operaio che alla fine deve fare il lavoro.

RFI è un’azienda fortemente sindacalizzata, dove i lavoratori chiedono il rispetto del CCNL e delle norme di sicurezza. Le aziende appaltatrici lo sono molto meno, quelle in subappalto per nulla: su 130 operai della Sigifer, 80 risulterebbero inquadrati al primo livello del contratto degli edili, quello più basso e che non richiede competenze e formazione particolari. Un operaio al primo livello degli edili prende 1.510,56 euro lordi al mese.

Si tratta di operai ipersfruttati. Spesso fanno doppi turni, arrivano fino a 200 ore di straordinario al mese. Siccome il contratto prevede che non facciano più di 10 ore al giorno, che ci siano 12 ore di riposo tra un turno e l’altro e che il massimo straordinario annuo sia di 250 ore, spesso questo straordinario viene retribuito attraverso voci come “extra” o “trasferta in Italia” o direttamente al nero per non farlo risultare in busta paga e non incorrere in sanzioni. Il meccanismo viene aggirato spesso anche attraverso l’autosfruttamento dei lavoratori che, per compensare i salari da fame, accettano le reperibilità, con chiamate al lavoro nei periodi di riposo, e lo straordinario “volontario”.

Gli stessi operai uccisi stavano in giro da un po’. Avrebbero dovuto fare lavori di manutenzione a Orbassano, poi a Lingotto ed alla fine sono stati mandati a morire a Brandizzo.

I contratti RFI prevedono tempi molto stretti per il ripristino delle linee, con forti penali per ogni minuto di ritardo. E’ un’attività non programmabile: non si sa dove intervenire e non si sa quando. I treni in Italia non viaggiano puntuali e c’è sempre, come alle 23:50 del 30 agosto 2023 a Brandizzo, un treno in ritardo. Questo significa lavorare sempre sul limite. Dover sfruttare tutti i tempi liberi dalla percorrenza dei treni per poter eseguire i lavori. E lo sanno anche gli “scortaditta” di RFI che, se non si adattano a questi ritmi, vengono sostituiti, mobbizzati e inviati ad altro incarico.

L’altro aspetto dello sfruttamento degli operai è quello della sicurezza sul lavoro. Si continuano ad attribuire all’errore umano gli incidenti mortali che si susseguono in ferrovia. Nove anni fa, il 17 luglio 2014, a Gela, tre operai morirono travolti dal treno in maniera quasi identica a quella di Brandizzo. In 9 anni RFI non ha cambiato le procedure, non ha investito un euro in sicurezza e gli operai continuano a morire: negli ultimi 4 anni ci sono stati 28 incidenti gravi come quello di Brandizzo, che hanno causato 14 morti e diversi feriti gravi o con inabilità permanente ma che, siccome non sono morti tutti insieme e non si era alla fine dell’estate quando le notizie scarseggiano, hanno fatto meno clamore mediatico.

In tutti questi anni non sono riusciti a fare una procedura operativa che stabilisse che, se ci sono operai sui binari, venga acceso il semaforo rosso per i treni in arrivo. Di più. Continuano a usare i “fonogrammi” che uno pensava appartenessero al mondo preinternet, insieme al telegrafo e al telex. Il risultato è stato quello, paradossale se non avesse avuto conseguenze tragiche, che il tecnico RFI che doveva avvisare *a voce* dell’arrivo del treno, non l’ha potuto fare perché era al telefono con l’addetta della Direzione Movimento di Chivasso (competente per la tratta) che gli diceva di non iniziare il lavoro.

Hanno riempito le città di telecamere per “la sicurezza” non sono riusciti a mettere, sulla linea tra Torino e Milano, una delle principali in Italia, un dispositivo di allarme che blocchi i treni in arrivo se ci sono operai al lavoro sui binari. Pensiamo poi a quanto accade sulle linee meno “importanti”: quelle a binario unico. E non è un problema solo di chi ci lavora. I disastri ferroviari si moltiplicano, i passeggeri morti per gli scontri tra treni aumentano e non c’è nulla di meglio del dare ogni volta la colpa all’errore “umano” per evitare di mettere in sicurezza le linee e continuare a fare investimenti sull’alta velocità e non sulla mobilità ordinaria (come sa chiunque sia costretto a prendere un treno per fare il pendolare).

A vederla in base a quanto raccontato dai giornali la storia sembra chiara: 5 operai stavano lavorando sui binari alla stazione di Brandizzo. Un tecnico RFI ha fatto iniziare il cantiere senza il nulla osta da parte della Direzione Movimento di Chivasso (competente per la tratta), il capo squadra ha acconsentito. E’ arrivato un treno e i 5 operai sono morti.

La trama è quella classica: c’è “il buono” (la dirigente di RFI che ha detto di non cominciare i lavori), c’è “il cattivo” (lo “scortaditta” di RFI che ha fatto comunque iniziare i lavori), c’è “l’ignavo” (il caposquadra della Sigifer che non si è accorto del mancato nulla osta) e ci sono “le vittime” (5 operai assassinati da quelli che una volta si chiamavano “omicidi bianchi” e che adesso, per vergogna, non chiamano più così). Una “tragica fatalità” causata da un “errore umano” ed il “cattivo” colpevole sarà duramente sanzionato.

Una buona storia da raccontare per seppellire in fretta i morti e continuare a far rischiare la vita a chi lavora con stipendi da fame nelle manutenzioni ferroviarie, non far spendere un euro per la sicurezza sul lavoro a RFI e, soprattutto, per non mettere in discussione il sistema degli appalti e subappalti utilizzato da tutte le aziende pubbliche in Italia.

Fricche

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