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A Roma contro il G20. A fianco dei lavoratori

A Roma contro il G20. A fianco dei lavoratori

Sabato 30 ottobre 2021 siamo scesi in piazza contro le politiche ecodistruttive e militariste dei leader mondiali che si sono riuniti a Roma per il G20. Abbiamo deciso di contestare la presenza a Roma di chi, a suon di bombe, è il diretto responsabile dei massacri di persone inermi, di devastazione di territori e città. Di chi reprime pesantemente chiunque provi a ostacolare la loro visione del mondo: produci, sfrutta, bombarda, inquina, consuma, crepa.

Nel 2009, sull’onda della crisi economica dell’anno prima, hanno allargato il numero dei partecipanti a questi vertici multilaterali, passando da 8 a 20, per allargare la platea degli stati che concertava le politiche di sfruttamento, il riconoscimento reciproco di marchi e brevetti e l’accettazione da parte degli stati del modello di sviluppo basato sulla distruzione selvaggia delle specie animali (tra cui quella umana), di quelle vegetali e delle risorse del pianeta.

Le decisioni vere non si prendono in questi vertici. Queste sono vetrine, dove i potenti della Terra si incontrano, si legittimano a vicenda e cercano di apparire preoccupati delle sorti di un pianeta sempre più devastato. Emblematica è la “riappacificazione” tra Biden e Macron che erano in lite per la fornitura di otto sottomarini nucleari all’Australia. Gli USA avevano sostituito la Francia nella commessa bellica e i due si sono messi d’accordo (magari promettendo altre forniture belliche all’industria francese): nessuno gli ha chiesto conto di come i 30 miliardi di euro del costo dei sottomarini avrebbero potuto essere utilizzati per i 150 milioni di persone che soffrono di denutrizione o per i 12.000 morti al giorno per fame sul pianeta. I potenti che si sono visti a Roma non hanno trovato 5 miliardi di dollari per finanziare il Programma Alimentare Mondiale ma riescono a spendere ogni giorno 4,5 miliardi di dollari di spese militari. Noi gliel’abbiamo ricordato e lo ribadiremo al corteo antimilitarista di Torino a fine mese.

A noi romani questi incontri ricordano una poesia di Trilussa:

[…] torneranno più cordiali

li rapporti personali.

E riuniti fra de loro

senza l’ombra d’un rimorso,

ce faranno un ber discorso

su la Pace e sul Lavoro

pe quer popolo cojone

risparmiato dar cannone!

Il governo italiano, per ospitare questo evento, ha militarizzato una città intera, ha dichiarato zona di guerra il quartiere EUR: uno schieramento di poliziotti, agenti dei servizi segreti di mezzo mondo, cecchini, autoblindo, droni e militari di ogni tipo bloccavano chiunque abitasse, lavorasse o dovesse semplicemente transitare nella zona. Era obbligatorio dimostrare anche la necessità di tornare a casa. I mezzi pubblici e la metropolitana sono stati bloccati in tutto il quadrante.

Nel resto della città non è andato meglio. Cortei di autoblu, hummer, SUV, mezzi militari, pattuglie della polizia (fino a 50 autovetture) hanno bloccato il traffico per consentire il transito dei potenti e del consueto seguito di paggi che li accompagnava. Tutto il centro e la prima fascia intorno alle mura aureliane, dove hanno dormito le varie delegazioni, è stato blindato. Per consentire il capriccio turistico di ognuno di loro (o lo shopping dei loro consorti) si sono bloccate ed evacuate le strade che si intrecciavano lungo i loro percorsi: un’intera città prigioniera della fanatica narrazione del mondo autoritario e delle loro vanità.

Non è mancata neanche, come di consueto, la benedizione della Chiesa all’evento, con i potenti in visita privata al Vaticano per acquisire i consensi della popolazione cattolica dei propri territori e il Papa pronto a riaffermare l’indissolubile legame tra la Chiesa e lo Stato.

I media, poi, hanno fatto il resto, con un clima terroristico descritto come se dovesse scoppiare un conflitto mondiale. Per giorni hanno cercato di dissuadere chiunque a partecipare alle mobilitazioni, invitando la gente a restare chiusa in casa e ad evocare il terrore verso qualsiasi cosa che potesse disturbare la vetrina. Quando poi si sono resi conto che nulla di quello che avevano preventivato si era avverato, hanno scritto e girato servizi sull’efficienza poliziesca che aveva prevenuto ed evitato i temuti attacchi.

Nonostante questo clima, oltre diecimila persone hanno sfilato sabato 30 ottobre in un coloratissimo e variegato corteo da Porta San Paolo a Piazza della Bocca della Verità (e ritorno, visto che non c’era altro modo di tornare – per il blocco del trasporto pubblico – al punto di partenza). Tutti insieme abbiamo voluto ricordare che il mondo non sono i 20 governanti ma i 7,7 miliardi di persone che subiscono e muoiono, ogni giorno, per le decisioni di quei 20 e degli altri potenti della Terra.

Come Gruppo Bakunin – FAI/IFA Roma abbiamo deciso di partecipare con le nostre riflessioni, con le nostre idee e con i nostri contenuti. Con uno striscione che recitava “State smashed nature – Smash the State” abbiamo ribadito che l’unico modo di salvare il pianeta è abbattere l’autorità.

Al corteo erano presenti, con le bandiere della CUB, i lavoratori dell’Alitalia oggetto di un pesantissimo attacco padronale e con cui avevamo fatto il giorno prima, nella nostra sede, una conferenza-dibattito. Riteniamo infatti sia importante, oltre alla denuncia della situazione complessiva, fatta davanti ai media internazionali presenti in città per il G20 anche costruire momenti di solidarietà dal basso con i lavoratori.

La situazione dell’Alitalia in questo è emblematica ed è stata raccontata molto bene dai lavoratori che sono intervenuti all’iniziativa. Per la prima volta in Italia la cessione di un’attività non ha comportato la garanzia del posto di lavoro per chi era occupato in quell’attività. Visto che c’è una legge che prevede il mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso di trasferimento d’azienda, il governo Draghi ha messo la fiducia sul decreto legge che istituisce Ita (la nuova compagnia) e abolisce le garanzie per chi lavorava in Alitalia. Così Draghi è riuscito a spendere un miliardo e mezzo per la nuova compagnia e a licenziare 7.356 lavoratori.

Con le nostre iniziative abbiamo contribuito a rompere la vetrina del consenso con cui volevano raccontare questo vertice. La lotta è solo cominciata!

Gruppo “Bakunin” – FAI Roma e Lazio

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