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Liberiamoci dalla paura della guerra

Liberiamoci dalla paura della guerra

Per una mobilitazione popolare contro il fascismo e per la pace

Alla fine di aprile il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Patto di Stabilità. Una norma che esclude le spese per la guerra dai tagli lineari previsti in caso di superamento del rapporto tra deficit dello Stato membro dell’Unione e prodotto interno lordo. Il complesso militare industriale europeo raggiunge un obiettivo inseguito da anni.

Che cosa significa questo? Significa che in caso di deficit eccessivo i soldi necessari a coprire il fabbisogno dello Stato saranno presi dalla sanità, dall’istruzione, dalla previdenza e dall’assistenza, nonostante che le spese militari siano la principale causa del disavanzo, del debito pubblico, dell’inflazione. Contrariamente a quello che dice una loro pubblicità, i militari non mirano al futuro, ma al portafoglio!

Prima ancora che la guerra scoppi, governi e forze armate giocano con la paura che genera fra la cittadinanza. La paura della guerra facilita l’attacco dei governi ai redditi dei proletari e dei ceti popolari, facilita le misure repressive contro chi si attiva, facilita il diffondersi dell’autoritarismo, oltre a facilitare l’aumento degli arsenali. La paura non ci libera dalla guerra. Solo l’azione concreta per ostacolare i piani di guerra dei governi ci può liberare dalla paura. La paura della mancanza di sicurezza interna nelle città, nelle strade, nelle case ci ha portato alla mancanza della sicurezza del reddito, del posto di lavoro, della pensione. Questa sicurezza non ci sarà data né dalle telecamere né dai militari nelle strade. Solo l’unità delle classi sfruttate porrà fine a questo continuo attacco alle nostre condizioni di vita.

La presidente del consiglio signora Meloni ha tenuto un discorso alla fine di marzo ai militari italiani in Libano, impegnati nella missione dell’ONU a guida italiana UNIFIL. La signora Meloni ha affermato che la pace è soprattutto deterrenza”. Secondo il vocabolario, la deterrenza è il potere di distogliere da un’azione dannosa per timore di una punizione o di una rappresaglia. Applicato al piano internazionale, significa che uno stato si arma così tanto da far paura a vicini minacciosi. Il concetto di deterrenza in questo caso viene usato per giustificare l’accrescimento dell’apparato deterrente, cioè il complesso di forze e mezzi deterrenti, cioè l’apparato militare. Ancora una volta, alla base di tutto, ci sono i soldi, i soldi di cui si vogliono appropriare i militari e i banchieri che li finanziano.

La deterrenza è il concetto alla base della rappresaglia, come quelle compiute durante la seconda guerra mondiale dalle truppe italiane in Slovenia e Croazia, come quelle compiute dai nazifascisti in Italia, dalle Fosse Ardeatine a Marzabotto. È questo il concetto delle relazioni internazionali che ha la signora Meloni. Ma non ce l’ha solo Meloni, ce l’hanno Macron e Biden, ce l’hanno Netanyahu e Putin; la rappresaglia: colpirne cento per educarne uno.

Ma la deterrenza funziona?

Israele ha fatto della deterrenza la base dei rapporti con gli stati vicini e i popoli oppressi. Israele dalla proclamazione d’indipendenza (1948) vive in uno stato di guerra con i vicini, ora aperta, ora latente. È questa la condizione in cui la signora Meloni vuole gettare l’Italia? Forse no, visto che proprio nei giorni successivi al discorso della deterrenza Israele ha attaccato con missili un reparto della missione UNIFIL, missione a comando italiano. Poco dopo la guardia costiera libica attaccava in acque internazionali una nave umanitaria italiana che raccoglieva dei naufraghi. In entrambi i casi la deterrenza non ha funzionato. La deterrenza serve solo per i “nemici” individuati dalla NATO, serve per tenere sottomessi i popoli del sud globale.

Forse che l’Italia ha dei vicini minacciosi? Siamo forse a rischio invasione? Le nostre ricchezze naturali vengono depredate da altri paesi imperialisti? No!

Le missioni militari all’estero dell’Italia, più di quaranta e ci costano miliardi, sono di tre tipi: missioni legate agli impegni NATO, come era quella in Afghanistan e come sono quelle in Europa Orientale; missioni legate agli impegni dell’Unione Europea e al contenimento dei migranti, come nel Sahel e i rapporti più o meno segreti con i macellai sudanesi; missioni legate agli interessi dell’ENI e alla fornitura di carburanti fossili, come quella nel Golfo di Guinea, quella nel Mar Rosso, quella in Qatar e quella in Iraq.

Le missioni legate al contenimento dei migranti e al rifornimento di gas e petrolio sono chiaramente missioni aggressive: l’Italia va al di fuori dei propri confini per contenere. Contenere vuol dire armare macellai che costruiscono campi di concentramento nel deserto e sfogano il proprio sadismo sulle disgraziate e sui disgraziati in fuga dalle guerre che l’Occidente ha provocato, in fuga dalla miseria provocata dall’Occidente, in fuga dalla carestia dovuta al cambiamento climatico provocato dall’Occidente. Ecco i sacri valori occidentali che i militari italiani vanno a difendere in ogni angolo del mondo!

Questi popoli che difendono le loro risorse e il loro ambiente, queste persone in cammino sono le nostre sorelle e i nostri fratelli. La crudeltà del governo, la crudeltà dello Stato sono uguali sotto tutte le latitudini. Solo la paura della rivolta proletaria tiene a freno i governi.

Ma lo stesso discorso vale anche per l’Europa Orientale. Prendete una cartina dell’Europa del 1988 e confrontatela con quella di oggi. Si vede subito chi avanza, chi aggredisce. Putin è un dittatore sanguinario, che non esita a mandare al macello i suoi concittadini per un confine, una linea tracciata sulla carta, che uccide e massacra a vantaggio del sacro Occidente, come è avvenuto in Kazakistan. Non deve però volgere gli occhi ad ovest, dove la NATO avanza e straccia un accordo dopo l’altro. La guerra che la NATO combatte per interposta persona in Ucraina è tutta qui: l’obiettivo è escludere la Russia dall’Europa e costringerla a fare il cane da guardia della Cina e dell’Asia centrale per conto del Sacro Occidente.

Ma proprio dalla Russia ci vengono le indicazioni che i popoli non si rassegnano alla guerra: le ribellioni delle truppe al fronte, le diserzioni, gli attacchi ai centri di arruolamento, di cui gli anarchici sono gran parte, dimostrano che le classi sfruttate russe non si rassegnano alla guerra.

Gli anarchici bielorussi, alla vigilia dell’aggressione russa all’Ucraina, hanno diffuso clandestinamente fra i soldati un volantino dove si diceva: il nemico non è a Kiev, non è a Mosca, è a Minsk!

Noi abbiamo raccolto quell’appello e abbiamo gridato che il nemico non è a Kiev, non è a Mosca, ma è a Roma. Il nostro nemico è il governo guerrafondaio, sia che sia guidato da Draghi che da Meloni.

Abbiamo dato vita ad organismi di base unitari, che incarnassero il principio del fronte unico proletario contro la guerra, assemblee, coordinamenti, abbiamo partecipato a quelli esistenti, facendo dell’antimilitarismo un tema all’ordine del giorno. Ci siamo coordinati a livello regionale, attorno all’assemblea antimilitarista di Firenze, individuando un obiettivo nello stabilimento di Campi Bisenzio della Leonardo. A Campi Bisenzio la Leonardo produce sistemi ottici, è la vecchia Galileo, necessari per le operazioni di puntamento, e i sistemi ottici sono una delle principali esportazioni in Israele dell’industria bellica italiana. Per questo è stata indetta per il 24 maggio una manifestazione regionale davanti alla Leonardo di Campi Bisenzio contro l’aggressione israeliana e contro il sostegno dato dal governo italiano a quello israeliano. In queste pagine viene pubblicato l’appello dell’Assemblea Antimilitarista Toscana. Rimaniamo in contatto. Questa manifestazione è un passo verso la mobilitazione generale contro la guerra e il fascismo che dobbiamo impegnarci a realizzare con i tempi dovuti perché sia un nuovo 25 aprile, e questa volta non ci dovranno essere né referendum né amnistie!

Se non ci muoviamo per fermare i piani di guerra del governo, ci troveremo a morire nei deserti o nelle steppe. Solo l’unità internazionale degli sfruttati metterà fine ai piani di guerra degli stati.

Tiziano Antonelli

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