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L’unica grande opera: la difesa del territorio

L’unica grande opera: la difesa del territorio

Fiumicino, situato nell’area sud-ovest di Roma, rappresenta un territorio nel quale le mega-opere hanno radici antiche e hanno condizionato fortemente lo sviluppo del paese sin dal secondo dopoguerra. La presenza del mare, di vaste aree agricole e vasti territori non urbanizzati, l’hanno reso un oggetto di una serie di progetti infrastrutturali con chiare finalità speculative tra le quali: l’aeroporto intercontinentale (il più grande d’ Italia per numero di passeggeri e per il quale è previsto un raddoppio non necessario), il porto commerciale (per la cui realizzazione sono stati stanziati fondi dalla banca degli investimenti europea), l’interporto e il porto turistico della Concordia (opera da 1500 posti barca per yatch di lusso, presentata come il più grande porto turistico del Mediterraneo, ad oggi realizzato solo in parte). A questi si sono aggiunti negli ultimi decenni altre grandi opere che hanno contribuito al saccheggio e alla devastazione del territorio come: Commercity (un polo di 700.000 m2 dedicato agli operatori del commercio), la nuova Fiera di Roma, e due mega centri commerciali, accompagnati da speculazioni edilizie nella forma di giganteschi centri residenziali che ospitano migliaia di nuovi abitanti.

La presenza dell’aeroporto, attivo sin dagli anni ’60, ha prodotto nel territorio un sistema di lavoro principalmente improntato sulle attività aeroportuali che, a nostro avviso, ha contribuito da una parte alla disgregazione del tessuto sociale (in un paese che inoltre è tra i primi posti per quanto riguarda il numero di abusi edilizi e in cui è la regola il voto di scambio e la sottomissione al politico di turno) e parallelamente ha prodotto una regressione culturale unica nel suo genere, che si è concretizzata in una sostanziale incapacità di opposizione al capitalismo neoliberista sul nostro territorio. Le grandi opere vengono percepite come necessarie e potenzialmente positive per lo sviluppo del paese da gran parte dei cittadini di Fiumicino, irretiti da promesse di ricchezza futura, dai posti di lavoro e dal mito del progresso. Tra gli elementi che abbiamo riscontrato in questo modello di sviluppo del territorio c’è inoltre la tendenza a mantenere determinate aree in uno stato di abbandono e incuria, volto a giustificare la realizzazione delle opere in quanto portatrici di riqualificazione in zone ormai degradate. Ulteriore elemento è sicuramente il meccanismo speculativo, che spesso si focalizza nelle fasi progettuali delle opere. Infine, ai danni prodotti dal saccheggio e devastazione del territorio si aggiunge la beffa, in quanto la maggior parte di queste opere vengono presentate come “progettate in ottica green” e perciò indubbiamente “ecocompatibili” e perciò esenti da ogni potenziale critica.

In realtà gli impatti che le grandi opere hanno avuto o minacciano di avere sul territorio di Fiumicino sono devastanti, per l’ambiente, per la salute della popolazione e per il suo benessere, inteso come diritto a vivere felicemente in un territorio integro. L’aeroporto, oltre a sorgere su un’area archeologica, con la sottrazione di un importante patrimonio per la popolazione, provoca un inquinamento acustico e ambientale con importanti effetti sulla salute umana. Il progetto del porto commerciale minaccia di aggravare ancora di più lo stato di salute dell’ambiente e la qualità della vita dei cittadini di Fiumicino. Il porto della Concordia, seppur incompiuto, ha comunque contribuito ad aumentare l’erosione della costa e soprattutto ha privato la cittadinanza di un tratto di costa dal grande valore storico culturale, oltre che di importanza sociale per gli abitanti di Fiumicino. Infine, a tutte le opere realizzate nella piana del Tevere non sono seguiti gli adeguamenti infrastrutturali necessari all’aumento del traffico veicolare, con un conseguente disagio per gli abitanti, privati anche del loro tempo e della possibilità di spostamenti agevoli all’interno del proprio territorio.

In particolare, il Porto della Concordia, che minaccia di far scomparire gran parte della spiaggia di Fiumicino sud e devastare l’area del vecchio faro, è un progetto di IP Iniziative Portuali, società a partecipazione di Acquamarcia, (creata ad hoc per tale progetto, il cui presidente è dal 1994 Francesco Bellavista Caltagirone) e di Italia Navigando (controllata dal ministero dello sviluppo economico). Il progetto del porto come idea di sviluppo urbanistico per il litorale di Roma affonda le sue radici nei primi anni ’70, ma solo nel 5 febbraio 2010 il Porto della Concordia vede la posa della prima pietra. Con i suoi 1500 posti barca sarebbe dovuto essere il porto più grande del Mediterraneo. Per sua realizzazione la società IP ottenne un finanziamento di 325 milioni di euro e la concessione di 90 anni da parte della regione Lazio di un’area demaniale marittima di oltre 100 ettari, con l’onere vincolante di realizzare una serie di opere accessorie quali: adeguamento della viabilità, sistemazione aree verdi, riqualifica delle zone adiacenti al porto. Tuttavia, le risorse economiche finanziate sono state presto prosciugate all’interno di un sistema di sub-appalti chiaramente speculativo, con la riduzione progressiva dei costi di esecuzione ad ogni passaggio. I lavori erano già fermi da mesi in conseguenza dei mancati pagamenti delle imprese appaltatrici quando, nel 2012, tutta l’area venne messa sotto sequestro a causa dell’inchiesta da parte della magistratura che vedeva coinvolto il presidente di IP Francesco Bellavista Caltagirone, con l’accusa di truffa nelle pubbliche forniture. Si è così creata la situazione di un cantiere fantasma, ettari di mare e spiagge recintate e un degrado generale che rendeva inaccessibile un’area di grande valore storico culturale, oltre che di importanza sociale per gli abitanti di Fiumicino.

Il nostro percorso di ricerca e costruzione di uno sviluppo alternativo nasce pochi mesi dopo il sequestro dell’area di cantiere, nell’aprile 2013, con l’occupazione di un Bilancione abbandonato, una palafitta costruita sul mare, struttura storica adibita alla pesca utilizzata da diverse generazioni come luogo di socialità e divertimento. L’occupazione del Bilancione, che è nata dall’esigenza di riappropriazione fisica di uno spazio che ci era stato sottratto in nome del profitto, ha paradossalmente preceduto, ma allo stesso tempo ha dato l’impulso alla nascita del Collettivo NO Porto. Prima ancora di costituirci come collettivo, la nostra resistenza è infatti nata dall’aggregazione di un gruppo di amici, che hanno visto nella liberazione del bilancione, presidio simbolo della resistenza contro il Porto, la possibilità di dare una risposta concreta ad un’esigenza di valorizzazione ambientale, sociale e culturale di Fiumicino. Tramite autofinanziamento e pratiche di autogestione sono così iniziati i lavori volti a recuperare e migliorare la struttura e tutta la zona circostante. La condivisione del lavoro e della fatica ha contribuito a rafforzare il gruppo, così come i confronti durante le assemblee, nelle quali vengono prese tutte le decisioni riguardanti il collettivo, in maniera orizzontale. Parallelamente alla vertenza contro il porto turistico, e ora verso quello commerciale, ci siamo posti l’obiettivo di proporre una maniera differente di vivere questi luoghi e fornire un’alternativa culturale per il territorio che sia gratuita, libertaria, consapevole e rispettosa dell’ambiente, creando bellezza dove regnava l’abbandono.

Sono state perciò organizzate iniziative a sostegno di numerose realtà di resistenza dal basso vicine e lontane (la scuola libertaria di Urupia, il Nodo Solidale, la questione palestinese e quella basca). Si è dato importanza allo sport popolare, avviando noi stessi una scuola di vela autogestita. Abbiamo cercato di creare una rete di solidarietà collaborando con spazi sociali e culturali di Roma e dintorni. Ma soprattutto abbiamo sempre cercato di affrontare questo percorso all’insegna della felicità e del divertimento, perché siamo convinti del loro immenso valore e potenziale trasformativo e di aggregazione. Sono state perciò organizzate anche numerose serate musicali, di pittura, di lettura, jam session, aperitivi e soprattutto l’evento estivo più atteso di Roma e dintorni, le Bilanciadi, le prime olimpiadi del mare. È comunque da sottolineare che l’attività autogestita del collettivo in questi 5 anni è stata resa possibile e facilitata dalla situazione di stallo dei lavori del porto, dovuta sia all’inchiesta in corso, sia all’assenza di risorse economiche da parte dell’impresa. Tuttavia il valore che il Bilancione ha assunto in questi anni, la crescita personale che intraprendere questo percorso ha portato a tutti noi del collettivo, la partecipazione sempre più numerosa durante le iniziative, che sono cresciute per adesione e si sono estese sul territorio, rappresentano una gioia che ripaga il Collettivo di tutte le energie spese. Energie che siamo sempre più pronti ad impiegare nella lotta contro chi tenta di imporre un modello di sviluppo non scelto da chi vive realmente i territori, convinti che l’unica grande opera è la difesa del territorio.

Collettivo No Porto Fiumicino

collettivonoporto@gmail.com

Facebook: Bilancione

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