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Gli antichi atomisti

Gli antichi atomisti

I PRECURSORI

L’anarchismo, nella sua forma contemporanea di movimento politico e sociale tendente alla radicale eguaglianza politica, economica e culturale di tutti gli esseri umani mantenendo coerente il rapporto tra mezzi e fini dell’agire, ha una data di nascita ben precisa, in cui prende piena coscienza di sé: le dichiarazioni del Congresso dell’Internazionale dei Lavoratori “antiautoritaria” di Saint-Imier del 1872.[1] Da questo punto di vista, è indubbio che si tratta della corrente politica e sociale più recente della storia umana.

Ovviamente questo non significa, come vale per qualunque cosa, che tale corrente sia nata dal nulla: a fare gradatamente marcia indietro nel tempo vediamo le sue radici affondare nelle correnti anarchiche ante litteram del primo movimento operaio e socialista,[2] le tendenze protosocialiste e libertarie dell’Illuminismo radicale,[3] ancor prima nel Libertinismo[3] e nei “true levellers” (detti anche “diggers”) della Prima Rivoluzione Inglese,[4] ancor prima in alcune rivolte contadine ed artigiane della prima età moderna e del tardomedioevo.[5]

Mentre discorrevo di queste cose più o meno conosciute con un compagno, ad un certo punto è uscito fuori il discorso su cosa dell’antichità “classica” è giunto a formare gli ideali di uguaglianza e libertà del nostro presente e, nel rispondere alla sua domanda, mi sono reso conto che, proprio perché immerse in una società così diversa, determinate riflessioni di un passato così remoto ponevano le questioni fondamentali del perché volere un modo diverso di vivere in comunità con gli altri uomini e, pertanto, conoscerle aiuta a capire noi stessi nel presente.

IL PRIMO ATOMISMO: FELICITÀ E SOCIETÀ

Il Saggio non deve obbedire alle leggi ma vivere da uomo libero”:[6] questa che, a mia memoria e conoscenza, è la prima frase “anarchica” della storia risale al più noto dei primi atomisti – Democrito – e, come vedremo, si tratta di una tendenza che dominerà per secoli per intero questa scuola filosofica, tra l’altro una delle più importanti dell’antichità.[7] Per quale motivo questi eredi diretti della tradizione eleatica – di Parmenide, Zenone, Melisso – sono nell’antichità greco-romana in qualche modo portatori di uno spirito egualitario e libertario, per usare le categorie del presente?

Per capirlo occorre dare uno sguardo alla loro concezione del mondo: tutti gli enti sono composti da piccole unità indivisibili – le forme atomiche – che sono in numero infinito, di dimensioni infinite, si muovono in uno spazio infinito, da tempo infinito, si scontrano e si aggregano un numero infinito di volte dando origine ad un numero infinito di mondi – alcuni dei quali, ma sempre in numero infinito, ospitano la vita in un numero infinito di forme.

Poiché tutto è forme atomiche e spazio – “pieno” e “vuoto” – non abbiamo altra vita che questa: non c’è un “altro mondo” in cui vivere un’altra vita dopo la morte del corpo. Per la legge dei grandi numeri, esistono anche infiniti mondi identici al nostro, in cui vivono esseri identici a noi, che vivono la nostra vita con le nostre stesse emozioni – ma non saremo noi.

La questione della “felicità” diventa così centrale e la ragione deve servire, oltre a conoscere il mondo, a far sì che la nostra unica vita sia la migliore possibile. Oggi il termine “felicità” ci rimanda quasi soltanto ad uno stato interiore della mente ma, all’epoca, il senso era strettamente connesso a quello di un benessere materiale: “Campania Felix”, ad esempio, aveva soprattutto il senso di “Campania Fertile, Ricca”. Benessere mentale e benessere materiale, nella riflessione degli atomisti, erano strettamente connessi come obiettivo primo da perseguire per la felicità di ogni singolo individuo – di qui l’interesse per le forme del vivere felici in società che, insieme alle teorie fisiche, saranno il tema portante della scuola, da Leucippo e Democrito fino a Lucrezio. Passando per Epicuro.

UN PROGETTO PER ESSERE FELICI. TUTTI.

Montando insieme i vari elementi che sul tema ci restano del pensiero di Epicuro di Samo – dalla celebre “Lettera sulla Felicità” alle “Sentenze Vaticane”[8] – e rileggendoli alla luce dell’influenza sul pensiero del movimento operaio e socialista di matrice libertaria esce un quadro interessante. La tesi che espone Epicuro è che la felicità, obiettivo principale della vita di ciascuno di noi, consiste nell’assenza della paura. Ora, le paure principali dell’essere umano sono fondamentalmente quattro: la paura della morte, la paura degli dei, la paura della malattia e del dolore, la paura di non riuscire a soddisfare i propri desideri – detta quest’ultima in parole più dirette, la paura della povertà.

Quest’ultimo punto è per noi particolarmente interessante, data la strategia che Epicuro propone per eliminare questo genere di paure. Innanzitutto, dice il filosofo di Samo, cominciamo con il capire che i desideri non sono tutti uguali: esistono i desideri naturali e necessari, quelli naturali ma non necessari, quelli né naturali né necessari, dove il concetto di “necessario” non è legato alla semplice sopravvivenza ma, appunto, alla felicità nel senso sopra chiarito.

I desideri naturali e necessari sono quelli indispensabili alla felicità: la mancanza di cibo, casa, vestiti e di momenti di socialità affettiva la rendono infatti impossibile. La soluzione però, dice Epicuro, è semplice: vivere in comunità di mutuo soccorso con le persone cui si è legati da rapporti di amicizia in senso ampio e garantirseli vicendevolmente. Per ciò che concerne i secondi, dice sempre Epicuro, che poi sostanzialmente sono la versione “lussuosa” dei primi, non è questione di rifiutarli ma di non andarli a cercare intenzionalmente: se sono facilmente alla portata della comunità allora ce li si procura, altrimenti si deve lasciar perdere perché se li si insegue il rischio è, se non si riesce a procurarseli, di non riuscire più a godere di quelli naturali e necessari che in comunità si hanno garantiti. Infine occorre sfuggire come la morte, in quanto sicuri portatori di infelicità se non materiale di sicuro interiore, quelli non naturali e non necessari: si tratta dei bisogni legati al dominare altri uomini.

Il “late biòsas”, il “vivere nascostamente” epicureo, ha perciò il senso del rifiuto di ogni forma di dominio dell’uomo sull’uomo – in primo luogo all’interno della comunità di eguali che coopera per la felicità di tutti e di ciascuno. Non a caso, le comunità epicuree si caratterizzavano per il fatto di accettare al loro interno anche le donne e gli schiavi, i quali, all’interno della comunità, se questa era coerente con i suoi principi fondanti, entravano alla pari in una comunità che rifiutava almeno al suo interno le dinamiche del potere politico ed economico, del dominio dell’uomo sull’uomo.

MARX? BLANQUI? MORELLY? NO, LUCREZIO

Il tema del “vivere nascostamente”, comunque, era presente sin dall’inizio del pensiero atomistico.[9] Non è pertanto escluso, data la distruzione pressoché completa della cultura scientifica e filosofica antica da parte del cristianesimo, che i temi esposti sopra e che oggi attribuiamo ad Epicuro fossero, in realtà, una caratteristica universale dell’intera scuola atomistica.

L’ultimo grande esponente della scuola atomistica, Tito Lucrezio Caro, presenta infatti nel suo celebre poema scientifico-filosofico De Rerum Natura un po’ tutti i temi che abbiamo finora delineato e, in particolare, nel ricostruire il passato dell’umanità, presenta nel V libro una comunità che oggi diremmo “utopica” che avrebbe preceduto la società gerarchica attuale, la quale si sarebbe formata successivamente quando alcuni ambiziosi si fecero re ed imposero la proprietà sulla terra e le greggi.

A lungo si è discusso dell’origine dello slogan “da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno secondo i suoi bisogni”: il concetto è sicuramente presente nella Critica al Programma di Gotha ad opera di Karl Marx ma il concetto non era per niente nuovo. Infatti la frase era comunemente presente ben prima dell’utilizzo marxiano, ad esempio in Becker, Blanqui, Morelly, nel Patto di Guilford dei diggers, ecc. – c’è anche chi l’ha fatta risalire a determinati passaggi evangelici.[10] Tutte queste formulazioni più o meno equivalenti, però, hanno la loro radice in una sola fonte: il De Rerum Natura di Lucrezio, appunto, dove la descrizione della società prima della formazione del dominio dell’uomo sull’uomo esprime diffusamente, in maniera non sloganistica ma descrittiva, il concetto.

Insomma l’anima di tutti noi che vogliamo un mondo diverso, egualitario e libertario, è stata formata, magari in maniera sotterranea, da questi antichi filosofi e dai loro tentativi – più o meno coerenti con le impostazioni dei maestri – di costruzioni di comunità “libere dal carcere degli affari e dalla politica”.[11] Tornare ad esse significa comprendere meglio cosa siamo e cosa vogliamo oggi.

Enrico Voccia

NOTE

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Congresso_Internazionale_di_Saint-Imier

[2] http://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/da-proudhon-a-chomsky-storia-del-socialismo-libertario/ ; https://www.arsmilitaris.org/pubblicazioni/Carlo_Pisacane.pdf ; t.wikipedia.org/wiki/Sinistra_hegeliana.

[3] DEMURTAS, Marco, Illuminismo Radicale. La filosofia di Spinoza alle Origini della Democrazia Moderna, Roma, Carocci, 2020; https://www.anarcopedia.org/index.php/Enragés ; https://it.wikipedia.org/wiki/Lo_Stato_commerciale_chiuso

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Diggers

[5] A puro titolo di esempio tra le decine di un certo rilievo che partono daltardo medioevo e giungono alle soglie dell’età contemporanea vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_dei_contadini e https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_dei_contadini .

[6] DEMOCRITO DI ABDERA, A 166.

[7] AA. V. (a cura di GIANNANTONI, Gabriele), I Presocratici. Testimonianze e Frammenti, Bari, Laterza, 1983, pp. 643-xxx (Leucippo, Democrito, Nessa, Metrodoro di Chio, Diogene di Smirne, Anassarco, Ecateo di Abdera, Apollodoro, Nausifane, Diotimo, Dione di Abdera, Bolo).

[8] EPICURO DI SAMO, Opere, a cura di ISNARDI PARENTE, Margherita, Torino, UTET, 1983.

[9] Vedi ad esempio Democrito B3, B4, pp. 740-741, B187-B251.

[10] https://it.qaz.wiki/wiki/From_each_according_to_his_ability,_to_each_according_to_his_needs

[11] EPICURO DI SAMO, Sentenze Vaticane, 58.

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