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PDVSA e Misiones Sociales

PDVSA e Misiones Sociales

In articoli precedenti accennavamo a come, nell’età del petrolio, il territorio venezuelano facesse gola a multinazionali e governi stranieri. Il discorso che affronteremo ora è come la rendita petrolifera sia stato il principio cardine di tutte le politiche sociali ed economiche venezuelane.

La PDVSA

La nascita dell’azienda petrolifera di Stato è da ricercarsi nella nuova era democratica inaugurata dal presidente della Repubblica venezuelana Rómulo Ernesto Betancourt Bello, che avvenne dopo la caduta del dittatore e generale di divisione Marcos Pérez Jiménez il 23 Gennaio 1958. La firma del “Pacto de Puntofijo” o “Alternaciòn Bipartidista” il 23 Ottobre dello stesso anno tra il Comité de Organización Política Electoral Independiente (COPEI, conosciuto anche come Partido Socialcristiano o Partido Verde), Acción Democrática (AD) e Unión Republicana Democrática (URD), portò il Venezuela ad un grosso cambiamento gestionale burocratico ed economico. Betancourt ed il ministro delle miniere e degli idrocarburi Juan Pablo Pérez Alfonzo crearono la Corporación Venezolana del Petróleo (CVP), l’azienda petrolifera di Stato che aveva come obiettivo l’esplorazione, lo sfruttamento, la raffinazione, il trasporto e la compravendita di materiale petrolifero dentro e fuori dal Venezuela.

Grazie a Pérez Alfonzo ed al presidente dell’Iraq Muhammad Najib ar-Ruba’i nacque l’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC), che permise ai paesi produttori di petrolio dell’epoca di deciderne il prezzo – che fino a quel momento veniva regolato dalle multinazionali petrolifere rinominate da Enrico Mattei come le “sette sorelle”[1] – divenendo un vero e proprio cartello petrolifero. La CVP e l’OPEC servirono a Betancourt ed ai presidenti venuti dopo di lui (Leoni Otero, Caldera Rodríguez e Pérez Rodríguez) per contrattare, a livello internazionale, il petrolio venezuelano ed i suoi derivati con le principali multinazionali del tempo come Texaco, Shell e Mobil.

L’embargo petrolifero del 1973 portò enormi introiti al Venezuela, spingendo il presidente Pérez Rodríguez a nazionalizzare, con decreto governativo del 30 Agosto 1975, l’industria petrolifera e far nascere una nuova società: la Petróleos de Venezuela Sociedad Anónima (PDVSA). La PDVSA, in tal modo, assorbì la CVP e rimpiazzò tramite sue filiali tutte le aziende petrolifere straniere presenti sul territorio venezuelano.

La nazionalizzazione eseguita venne propagandata dal governo come un modo “per aumentare l’occupazione e gli introiti, combattere la povertà e diversificare l’economia”[2] ma, in realtà, aveva fornito generosi pacchetti di compensazione alle imprese interessate, mantenendole come fornitori di servizi per la PDVSA. In un contesto apertamente capitalista e fortemente anti-comunista come il Venezuela del “Pacto de Puntofijo”, una misura del genere era fatta per arricchire l’élite statale e borghese e mantenere l’intera economia venezuelana dipendente dalla rendita petrolifera.

Il professore di economia e dipendente del Banco Central de Venezuela Aníbal Lovera affermava che “la nazionalizzazione del petrolio in Venezuela si svolge all’interno delle rigide forme dello stato capitalista e, sebbene la consideriamo un passo importante nel salvataggio della ricchezza di base, non le attribuiamo il carattere di un fatto rivoluzionario in grado di rompere gli elementi fondamentali che costituiscono i meccanismi di dipendenza”.[3]

Il consiliarista ed economista Paul Mattick in molti suoi scritti descrisse come la nazionalizzazione e le economie miste fossero dipendenti dalla competizione e dai profitti ottenuti a livello internazionale. Nella critica a Marcuse su “I limiti dell’integrazione” del 1969,[4] Mattick parla di come la nazionalizzazione delle risorse produttive possa essere fondamentale per gli interventi statali dell’economia di mercato, permettendo una diminuzione del rischio delle difficoltà competitive e un aumento della produzione. Oltre a questo, Mattick sottolinea come la nazionalizzazione del capitale lasci “intatti i rapporti di classe”, rendendo “impossibile sfuggire alla competizione internazionale”, riproducendo “nuovi gruppi dirigenti”.[5]

La variazione dei rapporti di potere dirigenziale e le variazioni dei rapporti economici sono strettamente legati. Durante gli anni ’80 avvenne un cambiamento all’interno della classe dominante venezuelana e, complice l’eccesso di produzione petrolifera degli anni ’80 ed il conseguente crollo dei prezzi e fuga dei capitali, i presidenti Herrera Campins (1979-1984) e Lusinchi (1984-1989) si misero in linea con il capitalismo finanziario americano, portando i dirigenti della PDVSA a trasformare l’azienda di Stato in una multinazionale. Le motivazioni di questa trasformazione erano dovute alla precisa volontà di mantenere l’autonomia aziendale, manovrando i contratti di servizio con le multinazionali e corrompendo l’entourage governativo.

Nel momento sociale ed economico più cupo del Venezuela (1989-1992) il rieletto Pérez Rodríguez e l’amministrazione della PDVSA decisero di avviare il programma noto come “Apertura Petrolera” (1992), consentendo la partecipazione delle multinazionali petrolifere nello sfruttare i giacimenti marginali attraverso contratti di servizio. La motivazione ufficiale di questa “Apertura” era l’espansione dell’industria petrolifera per porre fine alla crisi economica. In realtà gli investimenti con i contratti a lungo termine (esplorazione, perforazione, sviluppo, operazioni e trasporto per conto della PDVSA) vennero firmati con diverse multinazionali per ridurre la spesa ed aumentare i profitti della dirigenza aziendale. In tal modo, i governi venezuelani abbassarono i tassi fiscali e le royalty su questi fornitori di servizi, facendo diventare il territorio venezuelano terra di conquista. Le conseguenze furono il lento smantellamento del welfare state che portò buona parte della popolazione a protestare – come accadde con il Caracazo nel 1989.

In una situazione del genere, il settore militare venezuelano non restò con le mani in mano: il militarismo in Sudamerica è sempre stato visto come un modo per risolvere situazioni di crisi socio-economica. Gli ufficiali dell’esercito venezuelano, scontenti della situazione e desiderosi di entrare nella gestione statale ed economica del paese, crearono delle organizzazioni segrete nazionaliste: attraverso queste organizzazioni, i militari portarono avanti il mito di Simón Bolívar come liberatore dal giogo straniero e coinvolsero i settori meno abbienti della società venezuelana – affermando che anch’essi fossero dalla parte della “classe operaia” – pur di mantenere e potenziare i propri privilegi di classe dominante.

Le brevi parentesi presidenziali di Lepage Barreto (1993) e Velásquez Mujica (1994) mantennero l’Apertura e portarono ad una sorta di transizione governativa dal disastro di Pérez Rodríguez, facendo rieleggere per la seconda volta Caldera Rodríguez (1994-1999). La politica economica di quest’ultimo portò all’aumento dei progetti estrattivi tra PDVSA e multinazionali petrolifere (Exxon Mobil, Chevron e Total per citarne alcune) – in particolare nella Faja Petrolífera dell’Orinoco – consentendo all’azienda petrolifera di Stato di ottenere solo tecnologia estrattiva in cambio di una percentuale irrisoria sui guadagni petroliferi.

Gli accordi presi in tal modo furono disastrosi a livello sociale ed una manna dal cielo per la propaganda politica sovranista e nazionalista dei militari e di altre compagini politiche di sinistra. L’elezione di Chávez Frías nel 1998 servì agli (ormai ex) militari e capi principali del “Bolivarismo” per acquisire direttamente il controllo della PDVSA. Per giungere al pieno controllo, la classe politica giunta al potere doveva però sbarazzarsi della fazione pro-USA presente dentro l’azienda petrolifera ed anche in altri importanti settori dell’economia (Fedecámaras (acronimo di Federación de Cámaras y Asociaciones de Comercio y Producción de Venezuela), mass-media, ecc.).

Fu allora varata la Ley Habilitante[6] del 1999-2001, con cui la nuova classe politica cercò di porre un limite ai gruppi sopracitati: fu così che la Fedecámaras, la CTV (Confederación de Trabajadores de Venezuela), i vecchi partiti tradizionali (AD e COPEI), parte della chiesa cattolica e l’élite della PDVSA tentarono un colpo di stato nel 2002 con lo “sciopero” del petrolio. Grazie però al sostegno popolare e alla gestione diretta della PDVSA da parte di alcuni lavoratori non scioperanti, Chávez e alleati risultarono vincitori, riducendo il potere della Fedecámaras e della CTV e prendendo il controllo della PDVSA.

Ciò ha portato al controllo dell’azienda petrolifera di Stato da parte della dirigenza “Bolivariana”, stipulando direttamente i contratti con le multinazionali petrolifere, ad un rafforzamento dell’OPEC con l’innalzamento del prezzo del petrolio, facendo aumentare le rendite petrolifere venezuelane ed alla conclusione della gestione operaia della PDVSA avvenuta durante il tentativo di golpe. Attraverso le società controllate come, per esempio, Petroboscan, Petroindependiente e Petropiar (nelle quali è presente la Chevron),[7] la PDVSA ed il governo Chavez hanno promosso partenariati pubblico-privato creando le condizioni per le società miste. Come si vede dalla mappa di “Venezuela: Trasnacionales, Militarismo y Resistencias” (curata dal Collettivo Anarchico El Libertario)[8], le multinazionali petrolifere presenti nel bacino dell’Orinoco hanno intavolato contratti con la PDVSA per passare a società miste.

Perché questo? Secondo il governo venezuelano, per garantire una quota maggiore dei profitti per la PDVSA e, quindi, per lo Stato. In realtà è stata una mossa utile per garantire un margine di guadagno per entrambe le società petrolifere (PDVSA e multinazionali straniere), mantenere la tecnologia estrattiva delle multinazionali e difendere una stabilità politica ottenuta dopo anni di incertezze ed impedire interferenze straniere. Tutte queste mosse hanno permesso al governo chavista di aumentare le tasse alle multinazionali estere ed avviare progetti socio-economici come l’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América – Tratado de Comercio de los Pueblos (ALBA-ATC), il Convenio de Cooperaciòn Energética Petrocaribe, l’Acuerdo de Cooperación Energética de Caracas (ACEC) ed il Convenio Integral de Cooperación (CIC).

Così facendo, i governi e le borghesie di quegli Stati ricadenti nei progetti socio-economici citati hanno un margine di indipendenza in una regione del mondo (Centro America, Area Caraibica e Sud America) che da sempre è stata sotto il dominio statunitense. I gruppi e gli intellettuali anti-imperialisti del cosiddetto “mondo occidentale” (dagli orfani dei partiti comunisti agli estimatori e ideologi della Nouvelle Droite) hanno applaudito a queste mosse del governo venezuelano, ignorando volutamente il fatto che appartengano ad un regime capitalistico travestito da “socialismo”. Le continue repressioni con leggi ad hoc[9] e l’espansione del settore privato[10] – giudicato positivo in un contesto socialista purché non risulti perverso quando degenera in un’accumulazione egoistica[11] – dimostrano come il capitalismo in Venezuela prosperi. Seguendo però un modello economico del genere e basandosi principalmente su una serie di prodotti derivanti dal petrolio, è ovvio che un crollo dei prezzi di questi faccia aumentare il debito pubblico ed estero, portando lo Stato a dover ripagare debiti contratti in precedenza. È quello che si definisce il “male olandese”; un settore industriale “trainante” per il PIL aumenta il valore della moneta nazionale ed abbassa la competitività.

L’aumento del debito pubblico, cresciuto fin da quando era in vita Chavez,[12] fino a raggiungere cifre astronomiche sotto il governo di Nicolás Maduro Moros, dimostra come la politica di rendita petrolifera e la corruzione dilagante abbiano definitivamente bloccato il paese sudamericano, ripiombandolo in una situazione di prostrazione sociale ed economica. Le migrazioni di venezuelan* nei paesi vicini e la xenofobia crescente [13] sono una diretta conseguenza delle scelte capitalistiche di un “socialismo” che non è mai esistito.

Per uscire da una situazione del genere, il governo Maduro sta cercando nuovi sbocchi di mercato. Considerato che il prezzo del petrolio negli ultimi 5 anni è in discesa libera,[14] l’estrattivismo minerario diventa una necessità fondamentale per l’economia nazionale venezuelana. Il coltan, per esempio, un minerale costituito da columbite e tantalite ed utilizzato per la costruzione di conduttori elettrici e nelle industrie bellica, spaziale e delle comunicazioni. Come riportato parzialmente da The Vision,[15] il Venezuela è ricco di questo minerale e potrebbe diventare l’ago da bilancia per l’estrazione e la vendita del suddetto.[16] A questo minerale si sommano le estrazioni di oro, nichel e diamanti, in cui il governo venezuelano cerca di coinvolgere le aziende russe[17] attraverso slogan altisonanti.[18] La guerra economica, quindi, si sposta in altri prodotti, causando morti e distruzione tra le popolazioni native e l’ambiente in cui esse vivono.

Gruppo Anarchico Chimera

Note

[1] Le “sette sorelle” a cui si riferiva Mattei erano quelle multinazionali aderenti al Consorzio per l’Iran: Standard Oil of New Jersey, Royal Dutch Shell, Anglo-Persian Oil Company, Standard Oil of New York, Texaco, Standard Oil of California (Socal) e Gulf Oil.

[2] Link: https://venezuelanalysis.com/analysis/74

[3] LOVERA, Aníbal, La Nacionalización del Petróleo en Venezuela, Caracas, Universidad Central de Venezuela, Facultad de Ciencias Económicas y Sociales, División de Publicaciones, 1980.

[4] MATTICK, Paul, I Limiti dell’Integrazione, 1969, https://issuu.com/connessioni/docs/integrazione

[5] MATTICK, Paul, Nazionalismo e Socialismo, 1959, https://altrecorrispondenze.files.wordpress.com/2013/12/mattick-paul-nazionalismo-e-socialismo-1959.pdf

[6] La Ley Habilitante permette al presidente della Repubblica di varare leggi per decreto grazie all’appoggio di tre quinti della Cámara de Diputados.

[7] Nel dossier del Collettivo El Libertario, “Chevron: La conexión bolivariana. La expansión de la transnacional bajo el “Socialismo del siglo XXI”” (2014) (http://www.mediafire.com/file/fvia1za5bx2b75j/Chevron_Vzla.pdf), si analizza come la Chevron ed il governo venezuelano abbiano stretto sempre più i rapporti nonostante la propaganda sovranista energetica ed eco-socialista di quest’ultimo. Nelle pagine 4 e 6 del dossier si possono vedere le mappe sulla presenza delle multinazionali petrolifere straniere e l’inquinamento causato dalla Chevron.

[8] Link: https://www.google.com/maps/d/viewer?msa=0&ll=9.19772058881164%2C-62.66586598907418&spn=14.2334%2C23.269043&mid=1qX4pVV7WFlXxbQ8E8wOTrnRMfzs&z=8

[9] La “Ley Orgánica del Trabajo, los Trabajadores y las Trabajadoras” (LOTTT) (https://oig.cepal.org/sites/default/files/2012_leyorgtrabajo_ven.pdf) regola lo sciopero e l’organizzazione operaia in Venezuela. Come denunciato a più riprese dai sindacati non vicini né al governo né all’opposizione del MUD – p. e. la Corriente Clasista Unitaria, Revolucionaria y Autonoma (C-cura) – e del Partido Socialismo y Libertad (PSL), questa legge toglie qualsiasi autonomia ai lavoratori e alle lavoratrici, mettendoli/e sotto il controllo dello Stato e del padronato. La “Ley Orgánica contra la Delincuencia Organizada y Financiamiento al Terrorismo” (Ley Sapo o Ley Antiterrorista) prevede sanzioni per le persone fisiche e giuridiche classificate in qualche modo come come terroriste. La Oficina Nacional contra la Delincuencia Organizada y Financiamiento al Terrorismo che viene istituita disegna discrezionalmente le politiche statali nel controllare le questioni classificate come attività terroristiche. Nell’articolo 4, comma h, si parla di attività terrorista data dalla “perturbación o interrupción del suministro de agua, electricidad u otro recurso natural fundamental cuyo efecto sea poner en peligro vidas humanas”. Ciò significa che i lavoratori e le lavoratrici del comparto idrico, elettrico od altre risorse naturali fondamentali per la vita umana non potranno scioperare pena essere tacciati di terrorismo. (https://www.oas.org/juridico/PDFs/mesicic4_ven_ley_del_org_finan_terr.pdf). Un esempio di questo è avvenuto con i vari scioperi dei lavoratori della Corporación Eléctrica Nacional S.A. (Corpoelec) durante il 2012-2018. La “Ley Orgánica de Seguridad de la Nación” criminalizza il diritto di protestare, imponendo pene a quelli che realizzano manifestazioni in zone considerate di sicurezza. Questo significa che qualora un sito industriale o militare sorga in zone abitate da popolazioni native, quest’ultime non possono protestare pena la carcerazione (http://www.mindefensa.gob.ve/emcofanb/wp-content/uploads/2016/09/Ley_Seguridad_Nacion.pdf). La “Ley especial para la defensa popular contra el acaparamiento, el boicot y cualquier otra conducta que afecte el consumo de los alimentos o productos sometidos al control de precios” colpisce i lavoratori e le lavoratrici dei settori alimentari e dei supermercati (http://extwprlegs1.fao.org/docs/pdf/ven72078.pdf). La £Ley contra el Odio, por la Convivencia Pacífica y la Tolerancia” va a colpire non soltanto la propaganda fascista, razzista o discriminante di genere ma anche l’antinazionalismo. A questo si aggiunge anche un controllo dei mezzi di comunicazione che dovranno propagandare “pace e tolleranza” (http://albaciudad.org/wp-content/uploads/2017/11/GO-41.274-_081117.pdf).

[10] Il riferimento è ad un’intervista fatta da Chavez (http://www.correodelorinoco.gob.ve/chavez-socialismo-no-atenta-contra-propiedad-privada/).

[11] Nel documento “The Chávez Administration at 10 Years: The Economy and Social Indicators” di Mark Weisbrot, Rebecca Ray e Luis Sandoval del 2009, viene riportato come “i settori dell’economia in rapida crescita sono stati la finanza e le assicurazioni, che sono cresciute del 258,4% durante l’attuale espansione, con una media del 26,1% annuo; le costruzioni, che sono cresciute del 159,4 %, con una media del 18,9 % annuo; i commerci e i servizi di riparazione (152,8 %, con una media del 18,4 % annuo); i trasporti e gli stoccaggi (104,9 %, con una media del 13,9 % annuo); e le comunicazioni (151,4 %, con una media del 18,3 % annuo). La produzione è cresciuta del 98,1% durante l’espansione economica, ovvero del 13,2% all’anno” (http://cepr.net/documents/publications/venezuela-2009-02.pdf, pag. 7).

[12] Link: https://www.reportero24.com/2013/01/27/bcv-la-deuda-publica-externa-aumento-240-alcanzo-record-historico/

[13] “Alerta por xenofobia en contra de los venezolanos en Colombia” (https://www.semana.com/nacion/articulo/xenofobia-en-colombia-contra-los-venezolanos/569808); “Ola de ataques xenófobos contra venezolanos se registra en Ecuador” (https://actualidad.rt.com/actualidad/302835-xenofobia-venezolanos-ecuador-asesinato-mujer-embarazada); “Rechazan violencia y xenofobia contra venezolanos en Ecuador” (https://www.telesurtv.net/news/reacciones-rechazo-violencia-xenofobia-venezolanos-ecuador-20190121-0027.html). Come denunciato dal Collettivo AnarcoFeminista–Lima, l’arrivo dei/delle migranti venezuelani/e in Perù ha portato ad un’ondata di odio e xenofobia verso costoro e chi paga maggiormente tutto questo sono, ovviamente, le donne (https://gruppoanarchicochimera.noblogs.org/post/2018/12/23/anarcofemministe-contro-la-xenofobia-e-il-patriarcato/ ).

[14] Come dimostrato dal grafico dell’OPEC (https://www.opec.org/opec_web/en/data_graphs/40.htm) negli ultimi 5 anni il prezzo del petrolio è precipitato di ben 30 dollari al barile.

[15] https://thevision.com/attualita/petrolio-coltan-venezuela/

[16] Il governo venezuelano inaugura l’estrazione di coltan che dovrebbero fruttare 7,8 milioni di euro al giorno (http://mppre.gob.ve/2018/10/19/venezuela-inaugura-planta-de-concentracion-de-coltan-mas-grande-de-latinoamerica-2/).

[17] http://mppre.gob.ve/2018/05/25/venezuela-evaluo-con-rusia-desarrollo-de-proyectos-mineros-estrategicos/

[18] http://mppre.gob.ve/2018/03/20/venezuela-se-reafirma-como-potencia-minera-mundial/

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